In questi primi tempi di vita del mio blog neonato, per
incrementare rapidamente la cantina a vantaggio degli amici del prezioso
nettare che rallegra tutti i nostri piatti, sono costretta a recensire in successione un
po’ troppo serrata alcune bottiglie sulle quali avevo messo da parte un giudizio. Non me ne
vogliano gli astemi che d’altronde godono di tutta la compassione del vero
buongustaio. Venendo a noi, un paio di
settimane fa, di sabato sera, la solita buona bevuta del fine settimana mi ha
riservato una gradita sorpresa. Quel giorno, per consolarci di una giornata un
po’ fiacchetta sul fronte delle soddisfazioni economico-lavorative, avevamo deciso
di dedicarci una bottiglia un po’ più costosetta del solito, 16€ in enoteca. Come lascia intendere il buon Savarin nell’intestazione
del mio blog, non c’è nulla di meglio della soddisfazione del gusto per
consolarsi del resto. Provare per credere. La promessa del nostro spacciatore
di fiducia, mentre ci allungava un Carema D.O.C. del 2012 della Cantina dei Produttori di Nebbiolo di Carema, era quella di un
piccolo barolo, visto che il Carema in questione è un nebbiolo in
purezza di buona struttura. Era una bottiglia che non conoscevo, mai bevuta
prima, e la curiosità mi ha fatto accettare l’incontro. La promessa è stata mantenuta
piuttosto bene su una bella tagliata di manzo, una portata sicuramente un po’
troppo semplice per un vino del genere, ma che ce ne ha fatto apprezzare
comunque il carattere. Ha un bel colore tipico, rubino ma con riflessi
aranciati, non troppo carico. Profuma di rosa e frutta con una leggera nota
tostata e l’invecchiamento in botte grande ne fa un vino tutto sommato
piuttosto austero, adatto a esaltare il gusto delle carni rosse. Potrebbe migliorare aspettando qualche anno
di più per berlo e meriterebbe qualche ora di apertura in anticipo: il poco
rimasto per il giorno seguente non si era affatto sciupato, forse era addirittura
migliore.
Non è molto
potente e la persistenza è lunga ma non lunghissima, ma al primo assaggio ricorda
sicuramente vini più grandi dallo stesso vitigno e ha un carattere scattante, atletico, degno di viti cresciute sul terrazzamento dei monti. Quindi, che dire, proprio un bel prodotto per la sua fascia di
prezzo. Forse non lo inserirei nella mia lista
personale degli imperdibili, dove metto le bottiglie che mi hanno stupito, ma di certo lo consiglio agli amanti dei nebbiolo
minori. Se ve lo propongono, preparatevi a una degna esperienza.
Per chi fosse curioso, aggiungo qualche notizia dal disciplinare
di questa D.O.C., limitata ad una zona molto ridotta di territorio e
caratterizzata da una viticultura “atletica” su terrazze a sbalzo sulle vallate
sottostanti.
Il Carema D.O.C.
Il Carema deve essere ottenuto da uve nebbiolo per almeno
l’85%, coltivate esclusivamente nel comune di Carema. Possono concorrere alla
realizzazione del vino uve a bacca rossa, non aromatiche, tra quelle
autorizzate dalla regione Piemonte, ovviamente per non più del 15%. Anche la
vinificazione e l’invecchiamento devono avvenire all’interno del territorio del
comune, mentre l’imbottigliamento è consentito nelle intere regioni del
Piemonte e della Valle d’Aosta. I terreni di coltivazione sono considerati
conformi al disciplinare solo se ubicati nelle coste rocciose di origine
morenica che caratterizzano le zone a quota più elevata del comune di Carema,
mentre sono esclusi quelli disposti nei fondovalle. La resa massima non può
superare gli 8.000kg/ettaro.
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