sabato 25 aprile 2015

Re per una notte - alloggiare al Castello di Fosdinovo



Sarete d'accordo con me che c'è qualche differenza di esperienza sensoriale tra un bicchiere di buon vino gustato in tinello e lo stesso bicchiere, dello stesso vino, assaporato sugli spalti del "vostro" castello mentre ammirate, lontano, il mare in fondo al paesaggio di valli, foreste e fiumi. O no? Il foodie-pensiero rifugge dal semplice buttar giù qualcosa di buono e si appassiona a una comunanza di sensi che avvicina il gusto alla vista, il piacere della tavola a quello dei luoghi.
La storia di oggi, per me, risale a un tempo lontano, quando la crisi ancora non sembrava poter mordere a fondo e molti più sogni erano realizzabili. Ma la racconto con piacere per chi tra voi può viverla oggi, magari al posto di altre, meno emozionanti, autogratificazioni.
Era il lontano 2009 quando venni a sapere di un posto magico e raro, di quelli che mi piacciono tanto, ricchi di storia e leggende, e tuttavia accessibile in un modo molto particolare: il Castello Malaspina di Fosdinovo.
L'antico maniero fa guardia alla valle del Magra, in Lunigiana, sin dal XII secolo, una delle meravigliose fortezze d'Italia e monumento nazionale... ma... e con ciò? Con ciò, il castellano (sì, perché la regale dimora è privata!) aveva da poco deciso di farsi ospite, aprendo le sue stanze a una attività di B&B. Tra scoprirlo e inviare una mail di richiesta è stato il tempo di un batter di ciglia. Il giorno dopo, mi risponde un anonimo interlocutore dicendomi che non c'è disponibilità di alloggio. Un po' infastidita dell'unica riga, credendo che il vero motivo del rifiuto dipenda dal timore per la presenza di bambini in un luogo tanto prezioso, rispondo chiedendo se sia proprio quella la ragione e spiegando che le figliolette, pur in tenera età, sono già avvezze a ben comportarsi nelle situazioni che lo richiedano. Indovinate chi mi risponde allora? Il Marchese Torrigiani Malaspina in persona, che di suo pugno mi verga una mail con principesche scuse per l'incomprensione, spiegandomi che il periodo non è adatto poiché, dati i volumi delle vetuste architetture, non è in grado di riscaldare l'intero maniero, ma che avrà piacere di ospitare bambini che si divertano a correre tra le vecchie armature non appena la stagione più mite lo consenta. Mi affido subito a lui per la scelta dell'appartamento migliore per le tre notti di soggiorno che prenoterò per il primissimo autunno. Siamo già amici.
Il tempo passa senza che mi chieda più che tipo di esperienza mi attende finché, in un assolato dopopranzo di inizio ottobre e dopo svariate ore di viaggio, guidati dalla ben nota lungimiranza di un navigatore satellitare, ci troviamo a aver percorso diverse centinaia di metri di una stradina del centro di Fosdinovo, in salita e tortuosa come il letto di un torrente, quando appare un cartello che indica una futura strettoia di un metro e settanta. Siamo imprigionati. Con la nostra auto larga quasi due metri, non riusciremo mai a tornar fuori in retromarcia. Ma, nel momento dello sconforto, un autoctono in siesta ritira la sua sedia dalla sede stradale per darci modo di passare e ci conforta indicandoci la piccola piazzetta dietro la prossima curva dove potremo a fatica, ma prima di giugere al blocco, invertire la marcia. Abbandoniamo l'ausilio tecnologico incapace di districarsi in quel dedalo di età medievale e, seguendo le indicazioni del buon uomo, troviamo una più agevole via al castello circumnavigando il paese. Di colpo mi appare la mole. Enorme. Non posso credere che qualcuno possegga ancora una cosa del genere! Non riesco a immaginarmi il padrone di quei 40 metri di torre.
Finalmente scendiamo, siamo stanchi e arriviamo all'enorme portone ma... è sbarrato e non c'è certo il citofono. Ci sentiamo un po' ridicoli, pellegrini questuanti alla porta di una fortezza, quando vedo un piccolo cartello che indica gli orari delle visite al museo e riporta un numero di cellulare. Chiamo. Sento lo squillo lontano, mi risponde una donna, provo a spiegare, ma si apre un'imposta parecchi metri più in alto e si affaccia una vecchia fantesca: "Si? Cosa volete?". "In realtà, saremmo i signori che hanno prenotato il soggiorno..." "Il marchese sta riposando, sapete, la signora aspetta un bambino e stanno dormendo. Volete che ve lo chiami?" "Fa nulla. Facciamo un giro del paese e ripassiamo fra un po." Così, la nostra avventura inizia con la visita del bel paesino di Fosdinovo, niente rispetto a quello che vedremo un'oretta più tardi quando il giovane marchese e la signora ci vengono incontro sullo scalone e ci accolgono come amici. Ci accompagnano ai nostri appartamenti, tre enormi camere comunicanti al secondo piano (Camera dei Pappagalli, Camera dei Santi e Camera Gialla) con finestre aperte a decine di metri dal suolo in antiche mura coperte d'edera. La vista spazia sull'immensa vallata e sul mare. L'arredamento e le suppellettili sono autentici e antichi, tutti oggetti con centinaia d'anni di storie da raccontare.
Ci consegnano le chiavi del maniero e ci mostrano i percorsi, che faremo fatica a memorizzare, tra sale, scale e ballatoi. Siamo gli unici ospiti e possiamo girare ovunque a piacere, la nostra ala è inaccessibile alle visite che avvengono in alcune ore della giornata e nessuno ci disturberà. Da lì in poi inizia un'avventura fantastica, non posso raccontarvi tutto, sarebbe troppo lungo. Ma immaginate di essere i padroni di un enorme castello con cortili, sala del trono, sale d'armi e antiche cucine, torrioni, spalti, camera di tortura (ancora attrezzata), sotterranei, loggette a strapiombo sulle valli e spalti... girarlo in pieno giorno, quando la vista spazia all'infinito da quella posizione dominante, più in alto del campanile della chiesa che vedete dall'alto delle vostre finestre, o in piena notte, sotto la luna che sbianca le pietre antiche delle coorti e delle mura. Be', gli eredi Malaspina vi ci fanno sentire, padroni. Le bambine sono impazzite di gioia, a giocare tutte sole alle principesse fra affreschi e giardini pensili, fra armi e... fantasmi! E sì, perché ci sono anche quelli, e documentati. Almeno due, quando andrete fatevi raccontare le loro storie... ma sono discreti e benigni, non temeteli, anche quando rientrerete la notte, al buio su per gli antichi scaloni, aprendo porte su cardini cigolanti, mentre gli sguardi vuoti delle armature vi scrutano alle spalle. Né disturberanno il vostro sonno, nella quiete perfetta di quelle stanze fuori dal tempo, cosicché la mattina seguente potrete gustarvi la magnifica colazione che troverete imbandita nella Sala da pranzo, dove il vecchio Marchese, seduto con noi come un nonno gioviale, ha raccontato alle bimbe dei delfini araldici che si nascondono tra le decorazioni delle porte e delle pitture prima di portarle a giocare con le tartarughe del giardino pensile.
Non vi dico di più, solo i vostri occhi potranno testimoniare a pieno dell'unicità del posto, in cui persino Dante ha alloggiato e scritto i suoi versi, e solo la vostra esperienza potrà far fede dell'amabilità di questi antichi signori che mi hanno offerto la loro dimora come a una vecchia amica al prezzo di un alloggio molto più comune. Non è una vera struttura alberghiera, per avere notizie precise sulla disponibilità e i prezzi dovete chiedere udienza ai regnanti. Ma ne vale assolutamente la pena, è un viaggio nel tempo che non dimenticherete per tutta la vita.

I dintorni offrono moltissimo da visitare, se avete la forza di liberarvi dall'incanto dei meravigliosi appartamenti, ma non ho trovato molti posti degni di una cena foodie a una distanza ragionevole dai bastioni. Le strade nei chilometri circostanti si perdono nei boschi e la sera sono buie come cinquecento anni fa. Però, se vi va di arrivarci, magari dopo aver visitato le famose cave come è capitato a me, posso consigliarvi il ristorante Venanzio, sulla piazza centrale di Colonnata, borgo apuano famoso per i due bianchissimi: il marmo e il lardo.
La cucina è di buona qualità, basata sul territorio, con piatti della tradizione rivisitati con gusto e semplicità e il lardo, campione di varie ricette, è di produzione propria, una squisitezza. Cercate di non bere troppo, anche se la cantina di Venanzio è una bella tentazione, perché per tornare sotto il tetto degli ospitali fantasmi la strada non è brevissima e attraversa boscose e impervie montagne.

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