Non vi ho ancora detto cosa ho bevuto sulla carbonata di sabato scorso. Ma l'ho fatto di proposito perché la bottiglia in questione merita un post tutto suo. Non fosse altro perché non vi sarebbe ancora facile trovarla, è una novità assoluta. Come è una novità assoluta la cantina che la produce. Siete tutt'orecchi? Allora vi racconto una bella storia, di quelle che ogni tanto capitano, quella di un uomo che, arrivato alla cinquantina come dirigente d'azienda, si è guardato dentro e ha deciso che era arrivato il momento di far qualcosa per passione e di dar spazio al suo amore per la terra e il vino. Così, in un momento non facile, ha rischiato i propri risparmi nell'avventura della vita. Ha rilevato del terreno in Irpinia, a Paternopoli, terra di Taurasi, e con sua moglie Stefania ha iniziato l'attività di viticultore. Il vino di cui vi parlo oggi, appena presentato agli operatori di settore nell'ultimo Vinitaly, viene da una delle prime 8.000 bottiglie prodotte e ho avuto il privilegio di gustarlo perché il signore in questione è un amico di mio marito che sa bene quanto mi piaccia bere. Si tratta del Campi Taurasini D.O.C. Ion 2013 - Stefania Barbot, un aglianico in purezza che ha ricevuto cure particolari e attente e partecipa, insieme a altre due cantine, a un esperimento di territorio condotto dall'enologo Vincenzo Mercurio: da stesso uvaggio e stessi trattamenti di cantina, ma dai terreni diversi di tre diversi produttori, vengono realizzati tre vini, la cui differente anima testimonia solo della variazione dei suoli e delle esposizioni.
Ion, il cui nome in greco significa viola, è un vino per certi aspetti sorprendente. Conosce solo l'acciaio, meno del 5% fa un leggero passaggio in legno grande, dunque porta con sé inalterate le caratteristiche dell'uva. Il colore è un bel rubino violaceo (ion), cupo ma trasparente, da vino ancora giovane che potrebbe affinare altro tempo in bottiglia. Mentre ruota nel bicchiere con archetti stretti e densi, si sprigiona un naso etereo, di ciliegia piena e leggermente speziato, piuttosto complesso. Ma la sorpresa arriva all'assaggio. Il vino è piuttosto morbido e dolce nel gusto, senza i tannini aggressivi che ci si aspetterebbero da un giovane aglianico, probabilmente per l'elevata gradazione alcolica che supera i 14,5°. Ha note di ciliegia e un leggero sapore vinoso che testimonia il gusto primitivo dell'uva trattata in acciaio, mentre il finale termina lungo con note di alcool e smalto ben temperate. A mio parere, una bella prima prova, un vino che non stanca, da bere con facilità nonostante complessità e gradazione. Ha accompagnato con la giusta solidità la mia carbonata, un piatto che richiede vini ampi e decisi. A me è piaciuto, in attesa di più alti risultati per il Taurasi che mi è stato promesso in produzione per le prossime annate. Non so ancora dirvi dove sarà disponibile e a che prezzo, ma quando lo vedrete sullo scaffale un pensierino potrete farcelo di sicuro senza timore di sbagliare.
E un grande "in bocca al lupo" ai neo-produttori.
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