giovedì 23 giugno 2016

Principio: Il Ciliegiolo 2015 di Camillo



Camillo, che poi è Antonio. Vi ho raccontato poco tempo fa del Morellino di Scansano prodotto da Antonio Camillo e vi avevo promesso un parere sul Ciliegiolo, il vino per cui è più noto.  Sembra che il ciliegiolo sia un clone del sangiovese o forse un vitigno importato da altrove, ma fino a tempi molto recenti non veniva utilizzato in purezza. La coltivazione del ciliegiolo non era vastissima e oggi è ridotta a qualche migliaio di ettari, soprattutto in Maremma e in Umbria. Uva che dà vini dal corpo non troppo sviluppato, più apprezzata per gli aromi che le hanno meritato il nome e per la finezza, di coltivazione non troppo facile e generosa, veniva utilizzata per donare queste caratteristiche a uvaggi di maggiore struttura ma meno dotati di leggerezza e eleganza delle fragranze. Oggi, tutta una serie di produttori che ha creduto nelle potenzialità del ciliegiolo, lo vinifica in purezza con risultati degni di nota. Per le caratteristiche dell'uva che vi ho descritte, in genere non sono vini per sontuose portate di carne. Più vicini, invece, agli abbinamenti meno impegnativi con primi piatti di buona complessità e carni in preparazioni più semplici. Ho acquistato il Ciliegiolo di Antonio Camillo per accompagnare un piatto di straccetti di manzo con rucola e pomodorini, con i quali ha egregiamente diviso la mia tavola. Vino dal colore purpureo, non molto trasparente, mostra archetti abbastanza stretti sul vetro, a testimonianza di un corpo che comunque c'è. Spande un profumo giovanile di frutta, ciliegia in prevalenza, nel quale compare una leggerissima sfumatura di pane, di focaccia, un ricordo di lieviti piuttosto inconsueto in un rosso. Per il resto è un aroma non troppo complesso, leggermente vinoso a tratti. Si presenta abbastanza morbido al palato, di corpo medio-leggero e con un gusto semplice con note di marmellata di visciole che termina in un finale più secco e leggermente ammandorlato. Le caratteristiche principali? Fruttato, pulito, profumato ma un po' essenziale al gusto, facile e molto bevibile. 82/100 e potete trovarlo in enoteca a circa 10€. Se non lo conoscete, un vino da provare, in una delle edizioni più tipiche e note.

mercoledì 22 giugno 2016

Profumi isolani: Sicilia D.O.C. Alastro 2015 Planeta


Planeta non ha bisogno di presentazioni. Una cantina che tutti conoscono, una delle più grandi e note di Sicilia, una le cui bottiglie si trovano ovunque, dalla grande distribuzione alle enoteche. Non mi capita spesso di scegliere vini Planeta perché in genere mi piace provare produzioni dalla diffusione più ridotta, ma questa volta sono state le mie figlie a fare acquisti per me, domandando di un vino da abbinare a una tagliata di tonno preparata con pomodorini, olive e capperi, e sono tornate con l'Alastro, un blend di grecanico, grillo e sauvignon blanc. È un vino che avevo già assaggiato in passato ma che non ricordavo così gradevole. Ha un colore molto scarico, trasparentissimo, di un oro translucido che trae un po' in inganno, perché il profumo non è affatto incolore. Anzi. Al naso è molto ampio e intenso per un vino della sua fascia di prezzo, mi ha sorpreso. Si avvertono con gran decisione le note di agrumi e lieviti, è molto floreale con note piacevoli d'anice e ginestra e lascia presentire, già nell'aroma che diffonde appena stappato e mentre viene versato, una bella mineralità, un senso di pietra scaldata dal sole.
Lo bevi e ti piace, fresco e amarognolo ma con una certa rotondità di pane e agrumi che prosegue lunga e aromatica. Un vino la cui particolarità è proprio nei profumi, eleganti e ben strutturati, ma soprattutto intensissimi, grazie all'aromaticità delle uve sfruttata con sapienza. 85/100 e solo 9,50€. Una scelta di cui non pentirsi.

mercoledì 15 giugno 2016

Lo scatto: Morellino di Scansano D.O.C.G. 2014 Antonio Camillo






Lui è uno dei signori del ciliegiolo. Antonio Camillo, un tempo figura chiave dell'azienda Poggio Argentiera che di questo vitigno minore ha fatto una produzione di successo, da qualche anno vinifica e vende a suo nome. E non solo ciliegiolo, ma vini tipici di Maremma, scegliendo terre e vigne con l'attenzione e la passione di chi le frequenta da sempre.
Del suo Ciliegiolo, che mi capita spesso di bere con piacere, vi parlerò un'altra volta. Oggi vi racconto del suo Morellino che invece ho assaggiato per la prima volta. Il morellino, che è un clone del sangiovese tipico del Grossetano, dà in genere vini abbastanza scattanti, non troppo corposi ma abbastanza fini, gradevoli e diretti.  Uno dei miei preferiti e piuttosto noti è quello di Le Pupille che negli anni non mi ha mai deluso, ma questo di Camillo tiene benissimo il passo.
Nel bicchiere si mostra di un bel colore rubino, trasparente e che tende al rosa nell'unghia. È piuttosto tipico per densità non eccessiva e per il profumo floreale e vivace, con note di rosa e spunti di geranio sulla base dominante di ciliegia. Un aroma non troppo complesso, ma molto vivo. Al palato dimostra una grande freschezza, una buona acidità e molto scatto, sviluppando le sensazioni di frutta e fiori già percepite aspirandone il profumo. È un vino pulito e asciutto, con un tannino secco e amarognolo di buona persistenza, un vino adatto a piatti semplici e dai sapori netti, alle zuppe e alle carni della cucina toscana di origini popolari. Direi 83/100, un buon risultato per i suoi 10€.

giovedì 2 giugno 2016

Girelle in sfoglia senza gflutine di patate, wurstel e provola.










Ingredienti

un rotolo di pasta sfoglia senza glutine
500g di patate
3 wurstel biologici
100g di provola affumicata
50g di parmigiano
un tuorlo per spennellare
per la besciamella:
10 g di farina di riso
10g di burro
120 ml di latte

Ecco a voi un'altra idea di torta rustica da realizzare con un rotolo di pasta sfoglia senza glutine. 
Utilissima in caso di feste e aperitivi, facile da realizzare e comodissima da trasportare, elemento da non trascurare per noi celiaci che spesso dobbiamo unirci ai party dei nostri amici con il cestino della merenda.














Lavate le patate e lessatele, nel mentre preparate la besciamella.

Besciamella:
Fate sciogliere il burro
Unite la farina mescolando con un cucchiaio di legno fino ad amalgamare bene i due ingredienti.
Versate il latte bollente poco alla volta senza mai smettere di mescolare. Non versate mai altro latte se il precedente non è stato completamente assorbito.
Continuate fino a che il latte non è terminato.
Aggiungete un pizzico di sale.

Schiacciate bene le patate, salate leggermente ed unite la besciamella e il parmigiano.
Stendete il composto sul disco di pasta sfoglia aperto sopra un foglio di carta da forno bagnato e strizzato.
Riducete a bastoncini i wurstel e la provola e distribuiteli uniformemente sull'impasto (vd. striscia fotografica).
Arrotolate il tutto aiutandovi con la carta da forno e utilizzatela per incartare il rotolo come una caramella che metterete nel freezer per 30 minuti.
Togliete il rotolo fuori dal congelatore, spennellatene tutta la superficie con il tuorlo d'uovo e tagliatelo a fette di 1cm di spessore.
Disponete le vostre girelle di sfoglia su una teglia foderata con carta da forno bagnata.
Infornate a 220° per 25 minuti.
Sfornate e gustate. Ottime anche fredde.
Buon appetito!











giovedì 26 maggio 2016

Torta salata finocchi, salsiccia e provola. Gluten free!





Siamo in stagione di feste all'aperto, matrimoni, comunioni, cresime o semplicemente di gite con gli amici. Le torte salate si adattano facilmente ad ogni occasione, dall'aperitivo alla cena in piedi, ecco una proposta insolita e molto gustosa.


Ingredienti
pasta sfoglia senza glutine 
(2 confezioni di Buitoni 1 di Belli Freschi)
500g di finocchi
2 salsicce
100g di provola
5 cucchiai di olio
sale e pepe q.b.
1 tuorlo per spennellare


Cominciamo con i finocchi. Lavateli bene e divedeteli in 4 parti uguali, tagliateli a fettine sottili e ripassateli in padella con uno spicchio di aglio per una mezz'ora abbondante (Il procedimento è descritto in dettaglio nel post finocchi in padella).
Togliete il budello alle salsicce e sbriciolatele in una padella antiaderente fredda. Accendete il fuoco,  fate sciogliere il grasso e rosolate leggermente le salsicce.
Toglietele dalla padella con uno scolapasta, in modo da lasciar scolare il grasso, e aggiungetele ai finocchi.
Amalgamate tutto e aggiungete la provola tagliata a dadini.
Nel frattempo foderate una teglia tonda con un disco di pasta sfoglia e infornate per 10 minuti a 220°. Date una prima cottura alla base della pizza senza ripieno in modo da farla gonfiare meglio.
Aggiungete il ripieno, coprite con il secondo disco e spennellate la superficie con il tuorlo dell'uovo.
Infornate nuovamente a 220° per 25 minuti.

Tra gli ingredienti ho indicato due tipi di pasta sfoglia: la Buitoni e la Belli Freschi.
La pasta sfoglia Buitoni è in confezione da 1 disco unico da 250g e si trova facilmente nei supermercati con più assortimento. La sfoglia di Belli Freschi è in confezione da 500g in 4 dischi ed è più difficile da reperire (io la trovo da Mondo senza Glutine Boccea a Roma). Quest'ultima permette di fare torte più piccole e, secondo me, ricresce meglio della Buitoni.

Buon Appetito!

mercoledì 25 maggio 2016

L'isola e il colombo: Ischia D.O.C. Per''e Palummo 2015 - Casa D'Ambra


Sia il vitigno, autoctono campano, che la viticultura nell'isola d'Ischia hanno storia molto antica. Secondo Plinio il Vecchio, Ischia era l'isola delle anfore da vino, Pithecusa nella lingua degli antichi coloni greci. Forse il nome derivava da altro, ma è certo che la vite si è impadronita delle colline dell'isola molto, molto tempo fa e che più di un antico popolo ha fatto di quel meraviglioso cono vulcanico il proprio vigneto. Ancora oggi le tecniche di viticultura del versante nord ricordano il modo etrusco di far crescere l'uva, in altezza, mentre quelle del lato sud mantengono il sistema greco a alberello, tipico della Magna Grecia. 

Antico a sua volta è il piedirosso che, a volerlo identificare ancora con Plinio, sarebbe l'uva colombina, così detta per il rachide rosseggiante che ricordava il piede dei colombi... per''e palummo, appunto, nel dialetto locale. Vitigno comune a molte zone della Campania, è considerato un'uva difficile, che sviluppa facilmente sentori spiacevoli se lavorata con cura insufficiente, uva dalla bassa resa e dalla potenza e dal corpo inferiore all'altro grande campano, l'aglianico. Così, per molto tempo, è stata relegata a ruoli minori. Oggi, però, meno di ieri. Tecniche evolute e perizia in cantina ne hanno fatto un vino interessante in molte versioni, un rosso più delicato e leggero dei grandi rossi campani e con caratteristiche specifiche di acidità e salinità che lo rendono adatto a molte occasioni gastronomiche. E c'è da aggiungere che non è mai un vino costoso, neppure nelle interpretazioni migliori, una conoscenza che vale la pena fare.

Questo piedirosso isolano, Per''e Palummo, è lavorato dall'antica cantina Casa D'Ambra, una delle più note di Ischia. Quindi, se si vive lontano da lì, rappresenta una delle opportunità più concrete per provare un vino prodotto in quantità limitate sulle pendici poco estese e difficili dell' isola-vulcano.
Vino di mare, con tutte le caratteristiche tipiche del piedirosso in bella mostra, si agita abbastanza trasparente nel bicchiere con la sua veste rossa, tra il rubino e il porpora, leggero, con un'unghia che tende al violetto. Colpisce con un profumo piuttosto ampio e profondo dai toni floreali di rosa e geranio, mentre il frutto resta quasi in secondo piano. In bocca è fresco, per la tipica acidità del piedirosso, asciutto, salino e non concede pochissimo alla dolcezza, fino al finale in cui vibra un tannino breve, secco e vivo. È un vino pulito, snello e tipico, che accompagnerà benissimo primi piatti gustosi e pietanze di carne non troppo strutturate. Per me vale 82/100, un po' penalizzato dalla fondamentale semplicità del gusto, di tono minore rispetto al naso. Lo trovate a circa 11€ nelle enoteche.

venerdì 20 maggio 2016

Palestrato: Susumaniello Salento I.G.T. Serre 2014 - Cantine Due Palme

 Cantine Due Palme, consorzio vitivinicolo di Cellino San Marco, nel Salento, può essere considerata un grande centro fitness del vino pugliese: 1200 soci e 2500 ettari vitati, tutta la tecnologia che serve e un occhio attento alle mode del gusto. Con mezzi e strategia di questo genere, ha allenato diversi vini di fascia media per confrontarsi con ottimi risultati nelle competizioni a premio.
Il fatto che non siano vini di nicchia, austeri e ritrosi, ma ammiccanti e un po' modaioli, creati per irrompere con successo nei mercati esteri che ne assorbono il 90% della produzione, non toglie che siano comunque molto gradevoli. In fondo, pur amando la conversazione di fascinosi intellettuali, si può passare una piacevolissima serata anche con un bel fotomodello dai muscoli guizzanti, vero amiche? Ecco, diciamo che in tutti i Due Palme che ho assaggiato (il Primitivo, il Selvarossa, il Serre)  ho trovato un po' del carattere del bel palestrato: non chissà quale sorprendente individualità, ma facile piacevolezza sempre e comunque e grande lavoro di sviluppo delle caratteristiche più suadenti dei vitigni. Non è poco, soprattutto per il prezzo cui vengono offerti, purtroppo leggermente aumentato negli ultimi tempi, probabilmente come conseguenza delle buone prestazioni ottenute in gara.
Ma veniamo alla nostra bottiglia di oggi, il Serre 2014. Ha un colore rubino profondo e quasi impenetrabile, è denso e corposo nel calice. Il profumo è piuttosto ampio, di frutta matura, di more, con note che denotano il lavoro attento del legno. Al gusto è avvolgente, di sufficiente acidità ma comunque improntato soprattutto alla morbidezza, al corpo, alle sensazioni rotonde di frutta e con un bel finale di buona durata che lascia appagati. È un vino che è piaciuto a tutti i miei amici, soprattutto ai meno avvezzi alle grandi bottiglie. Come dicevo, un bel palestrato che può anche essere snobbato in nome di gusti più raffinati, ma che comunque attira gli sguardi. 85/100 per me e circa 10€ in enoteca. Confrontatelo, se volete, con l'Elfo, versione altrettanto valida ma piuttosto differente dello stesso vitigno. Dove qui è morbidezza, avvolgenza, calore, lì è vivacità, freschezza, vegetalità. Palestra o atletica, susumaniello per tutti i gusti.

giovedì 19 maggio 2016

Prodotto alla prova: panino per hamburger Bezgluten.






 
Sebbene io sia sempre dalla parte dei prodotti naturali e fatti in casa, mi rendo condo che non tutti hanno il tempo, la voglia o la predisposizione per la panificazione. Quindi, per tutti coloro che passano fuori casa la maggior parte della loro giornata, ho voluto mettere alla prova questo panino senza glutine, specifico per hamburger, che ho trovato nel mio negozio preferito Mondo senza Glutine Boccea.

Il panino per hamburger Bezgluten ha superato il mio test: la crosta è croccante e l'interno è morbido ma non si sbriciola. Il sapore è gradevole e l'aspetto estetico (perché anche l'occhio vuole la sua parte) è il migliore di tutti: resta alto come in foto. I semi di sesamo di cui è cosparsa la superficie lo rendono ancora più gustoso.

Il panino pronto è l'unica concessione che faccio a questa ricetta, il resto deve essere rigorosamente scelto con attenzione, soprattutto la carne.
Per il mio hamburger ho fatto macinare, dal mio macellaio di fiducia, un pezzo di fracosta di manzo, un taglio saporito e un po' grasso. L'hamburger non è un alimento adatto a chi è a dieta. Se facciamo macinare un taglio di carne senza grasso otterremo un hamburger stopposo. La macinatura non rende morbida una carne troppo magra, nemmeno se la utilizziamo per fare le polpette.
Per i pomodori ho scelto i pantano, ma qui posso consigliarvi ben poco perché le qualità sono tante e diverse a seconda del periodo dell'anno e della zona in cui viviamo.
Cipolla assolutamente di Tropea, fatta a fettine sottili.
Per il ketchup, ho usato quello Heinz biologico. E' il migliore tra quelli disponibili nei supermercati, ma se ne trovate uno artigianale preferitelo, ad esempio consiglio vivamente il ketchup all'aceto balsamico Ca' de la Pasina.
Insalata rigorosamente fresca e lavata con acqua fresca di rubinetto.


Ingredienti
1 panino per hamburger Bezgluten
1 hamburger di manzo
1 fetta di pomodoro
1 fetta di Emmental svizzero o Cheddar
1 cipolla di tropea
insalatina
ketchup


La cottura dell'hamburger è semplice: prendete una piastra in ghisa, riscaldatela tanto da avvertirne bene il calore avvicinandoci il palmo della mano e mettete a cuocere la carne per massimo 2/3 minuti per lato. Si gira una volta sola e non si schiaccia altrimenti fuoriescono i succhi. Prolungare troppo la cottura significa avere un prodotto finale più asciutto, quindi meno morbido e succulento.
Mentre cuocete la carne riscaldate il vostro panino tagliato a metà in un forno, un paio di minuti a 180° sono sufficienti.
Assemblate come in foto e rimettete in forno per sciogliere il  formaggio.

L'hamburger dei vostri sogni, quello che avete sempre immaginato di mangiare guardando i cartelloni pubblicitari, quello che nessun fast food sarà mai in grado di servirvi, è pronto. Buon Appetito!


mercoledì 18 maggio 2016

Frittelle di fagiolini





Una ricetta per rendere i fagiolini più gustosi e per riuscire a stuzzicare anche l'appetiuto dei bambini.
Ottimi per un aperitivo cenato.



Ingredienti

200g di fagiolini 
2 uova
2 cucchiai di farina di riso
2 cucchiai di farina di mais
 acqua gassata freddissima
olio di arachidi per friggere
sale q.b.



Lavate bene i fagiolini e spuntateli alle estremità.
Lessateli in acqua bollente per alcuni minuti, finchè non risulteranno morbidi all'assaggio. I tempi di cottura possono variare a seconda della dimensione e della qualità dei fagiolini: da 5 minuti per quelli più fini a 10 per quelli più grandi.
Tagliateli in due o tre pezzi e metteteli da parte.
Sbattete un uovo intero e un tuorlo e aggiungete le due farine e un pizzico di sale. 
Aggiustate la consistenza dell'impasto con l'acqua gassata freddissima: deve risultare cremoso e denso e colare lentamente dal cucchiaio.
Montate a neve l'albume rimasto e aggiungetelo all'impasto di uova e farina.
Aggiungete i fagiolini.
Scaldate bene l'olio di arachidi per la frittura.
Prelevate con due cucchiai un po' di composto e adagiatelo nell'olio bollente.
Qaundo sarà dorato su tutti i lati scolatelo e appoggiatelo in un piatto rivestito di carta da cucina per far assorbire l'unto in eccesso.
Servite caldi e buon appetito!






martedì 17 maggio 2016

Tre a caso: Testarossa Pasetti 2015, Lugana Cà dei Frati 2015, Grignolino d'Asti Brignolio 2014

Si, tre bottiglie a caso, perse tra i miei appunti di degustazione. Tutte diverse.

Testarossa Terre Aquilane Rosato I.G.P. 2015 - Pasetti

Già avevo parlato altrove della mia predilezione per gli abruzzesi, tra i rosati. Questo è uno noto, una bottiglia che si trova facilmente esposta ovunque e che ha i suoi meriti. Il vino è di un bellissimo e trasparentissimo rosa, con sfumature che tendono a un porpora appena accennato. Ha un pregevole aroma complesso di fiori e ciliegia, leggeri lieviti, agrumi e note erbacee di foglie verdi. Ha buona acidità e freschezza, ma anche una certa avvolgenza e si dipana all'assaggio in sapide e persistenti note di frutta, leggermente agrumate. È un vino pulito, vivo e bilanciato, con un aspetto molto brillante nel calice, un ottimo acquisto per i suoi 9€. Consigliato. 85/100.

Lugana D.O.C. 2015 - Cà dei Frati

Da una cantina storica del Garda, dai terreni argillosi presso Sirmione, arriva questo vino, leggero e netto. È del tutto trasparente, di un oro translucido quasi incolore, con un naso piacevole di lieviti e crosta di pane e note di pompelmo sfumate in un ricordo salino. Lo versate e vi sorprende. Al sorso gli agrumi si fanno molto più vivi di quanto si possa immaginare dal profumo e gli donano una acidità scattante e inaspettata che è la sua caratteristica principale. Il pompelmo domina in un vino dal profilo elegante e che finisce con un accenno misto di lieviti e leggera affumicatura. Sul pesce di lago o come aperitivo fa la sua bella figura. 84/100. Intorno ai 10€ in enoteca.


Grignolino d'Asti D.O.C. 2014 - Gianni Brignolio

Questa bottiglia mi ha un po' deluso. Non tanto per il vino in sè, quanto in confronto all'ottimo Barbera d'Asti 2012 e al buon Barbera 2013 dello stesso autore. Questo grignolino è un po' più fiacco. Granato trasparente, di media densità e di corpo non troppo denso, ha un profumo sviluppato, ma semplice, di ciliegia e rosa, con note erbacee e leggermente eteree. Non poi male, al naso, ma al gusto l'acidità e la sapidità le ho trovate un po' eccessive, mentre il sapore del frutto è un po' monocorde e il finale leggermente ammandorlato. Nel complesso, un vino che manca un po' di quella grazia che gli farebbe perdonare la semplicità. Annate precedenti mi erano piaciute decisamente di più. 78/100 e 8€.

lunedì 9 maggio 2016

Vola alto: Sagrantino di Montefalco D.O.C.G. Il Gheppio 2011


Il sagrantino è stato il vino che mi ha fatta innamorare del Vino. Tanti, troppi anni fa, d'inverno, al tempo in cui nelle occasioni di festa bevevo del liquido rosso che finiva sempre per darmi un po' alla testa, mi capitò di fermarmi, in una notte buia e tempestosa, in una bella villa d'epoca magnificamente isolata nel circondario campestre di Gubbio e adattata all'ospitalità e alla ristorazione. Lì mi stavo ristorando dalla tanta pioggia presa al calduccio di un bel camino, quando mi proposero un Sagrantino di Montefalco per accompagnare una buona cena a base di cinghiale, funghi e tartufo. Forse a causa della meravigliosa atmosfera di quelle mura di pietra antica che davano riparo dal temporale e di quella tavola imbandita dai densi profumi di buona cucina, fu subito amore. Da allora ho iniziato a far caso al vino, non più bevanda da non rifiutare per cortesia nelle occasioni comuni, ma prezioso estensore delle mie percezioni e delle mie emozioni a tavola. E il Sagrantino è sempre rimasto uno dei miei preferiti, legato al piacere della memoria oltre che a quello del gusto.

La cantina Il Gheppio, a Fratta di Montefalco, è un'azienda a conduzione familiare di modeste dimensioni che produce uno dei sagrantini di alta qualità a prezzo abbordabile. Per i suoi 18€, Il Gheppio è un gran vino, con tutte le caratteristiche del prezioso vitigno in bella vista. Rubino, appena appena tendente al granato, denso, lento e di cupa trasparenza nel bicchiere, è intensissimo al naso, complesso, forte di amarena quasi in confettura, potente nell'alcol, speziato, ricco di aromi di pepe nero e cioccolato, persistente e profondo. Lo assaggi e ti conquista con una grande avvolgenza, morbido ma austero come deve esserlo un vero sagrantino, e termina la grande potenza del corpo in un tannino deciso ma setoso. Più morbido di altri, con un tannino meno ruvido, un sagrantino forse più femminile. Dovrò farne un secondo assaggio di conferma al più presto, la grande piacevolezza che ha dimostrato sulle delizie della cucina (vuole roba sostanziosa, grandi arrosti, cacciagione o formaggi ben stagionati) mi ha un po' distratta dopo il primo sorso. 89/100.

lunedì 2 maggio 2016

Facile: Abruzzo Pecorino D.O.P. 2015 Pasetti


Il nome del pecorino, in Abruzzo, è soprattutto Pasetti. Ce ne sono molti buoni, alcuni più buoni, ma è certo che questa è l'azienda che più di altre è riuscita a fare una bandiera di questo vitigno, dopo la sua riscoperta commerciale esplosa non più di una quindicina di anni fa. Se girate per ristoranti, pizzerie, enoteche nelle città della regione, e nella grande distribuzione anche in altre parti d'Italia, il Pecorino di Pasetti non manca praticamente mai, almeno nella sua versione base, quella che assaggerò oggi. Il Pecorino Pasetti può essere considerato il fratello minore del Colle Civetta, degustato quest'estate, che è più strutturato e pregiato ma sicuramente più difficile da trovare al di fuori dei confini d'Abruzzo. Il suo colore è tra il paglierino e l'oro, molto trasparente, il corpo non troppo sviluppato. Il naso è bello e ben svolto per un vino di linea base, piuttosto ampio e mediamente complesso, con note evidenti di agrumi, fiori bianchi e una nota di salvia e d'erbe. Un profumo in cui si avverte anche la mineralità del vino. Piuttosto fresco al gusto e tuttavia con note morbide ad accompagnare con sufficiente eleganza, risulta molto agrumato, sapido e salino, forse un po' monocorde. Un vino facile, ma tutto sommato deciso, che può accompagnare non solo piatti di pesce dalle carni grasse, ma anche formaggi non troppo stagionati e carni bianche in preparazioni delicate. Un buon acquisto per i circa 9€ che costa. 82/100 per questa bottiglia facile da trovare e da bere.

domenica 1 maggio 2016

Rubinum 17: Primitivo di Manduria D.O.P. 2014 Soloperto


Soloperto è una cantina di Manduria di dimensioni notevoli, con milioni di bottiglie prodotte, e, in pratica, tutta dedicata al primitivo. Il Rubinum non è perciò il risultato di un artigiano o di un artista del vino, ma di grandi numeri, anche se curati con attenzione alla qualità. Non è l'Es, per intenderci, e non può esserlo. Ma, a 13€ a bottiglia, è uno dei migliori primitivi in purezza e di ampia diffusione che possiate facilmente trovare e assaggiare. Non è poco, no? Ha tutte le caratteristiche del primitivo di buon livello ottenuto da frutti in sovramaturazione e senza ausilio di legno e, pur non brillando come gli "eccelsi", è un ottimo esercizio per il palato di chi si avvicina per la prima volta a quest'uva che è il cuore della viticultura pugliese d'eccellenza. Ve lo consiglio senza esitazioni, vale tutto il suo prezzo.
L'aspetto nel bicchiere è abbastanza particolare per un primitivo così concentrato e di gradazione altissima. È rubino con sfumature granato e di media trasparenza, non impenetrabile e scuro come mi sarei aspettata, ma gli archi densi e spessi ne tradiscono comunque il corpo robusto. Lo annuncia un aroma complesso e profondo di amarena, spezie, pepe e tabacco, un profumo che è già promessa di una degustazione ricca di piacevoli soddisfazioni. Al primo entrare del sorso, si dipana in morbida marmellata di frutta dai toni amarognoli, poi sviluppa una ricca speziatura e una grande forza alcolica su un corpo robusto, ma chiude forse un po' troppo veloce e asciutto, con un tannino ancora un po' giovane e una sensazione calorica piuttosto accentuata. Manca ancora un po' di eleganza e il finale è un po' sbrigativo. Non è perfetto rispetto ai campioni del genere, ma dà comunque buona soddisfazione per un esborso assai ridotto. Nei numeri, direi 86/100, per un prodotto che gli amanti dei rossi di grande robustezza apprezzeranno di certo.

giovedì 28 aprile 2016

Barchette di melanzane piene di sé.





Estiva, fresca e veloce. Un ottima idea per una cena da lasciare pronta e scaldare al momento.
Io ho utilizzato delle melanzane striate dal sapore più delicato, ma vanno benissimo anche quelle viola, basta che siano allungate e non troppo grosse.

Ingredienti per 4 persone

6 melanzane striate
50g di olive nere infornate
qualche cappero sotto sale
18 pomodorini datterini
100g di scamorza
1 spicchio d'aglio 
2 cucchiai di olio

Lavate le melenzane e togliete il picciolo.
Tagliatele a metà, nel senso della lunghezza e svuotatele con uno svuotazucchine. 
Sistemate le barchette di melanzane in una teglia da forno, spruzzatele di olio e coprite con un foglio di alluminio. Infornate 30/40 minuti a 180° o fino a che non risulteranno morbide ai rebbi di una forchetta.
Tagliate a pezzetti la polpa estratta.
Fate soffriggere lo spicchio d'aglio nell'olio e saltate i cucetti di polpa. Dopo un paio di minuti aggiungete i datterini tagliati a pezzatti e continuate la cottura per qualche altro minuto.
Riempite con questo le barchette di melanzane.
Aggiungete le olive snocciolate e tagliate a pezzetti e i capperi dissalati (metteteli a bollire in poca acqua fredda, quando arriva a bollore spegnete il fuoco e cambiate l'acqua. Ripetere per  quattro volte)
Cospargete la superficie di fettine di scamorza e fatela sciogliere al grill.
Decorate con foglioline di basilico e servite calde col formaggio ancora filante.
Buon appetito!





sabato 23 aprile 2016

Dall'Etiopia senza glutine: pasta di teff al pesto e primosale.







La farina di teff si ottiene dall'omonimo cereale molto diffuso in Etiopia ed Eritrea. Ricca di vitamine, fibre e calcio è una valida alternativa alle classiche farine senza glutine.
Le ridottissime dimensioni dei chicchi fanno sì che questa farina sia esclusivamente integrale, perchè risulta praticamente impossibile separare la parte esterna da quella interna.
Oggi ho provato la pasta di riso e teff del pastificio "La Rosa".
Conosco bene questo pastificio perchè ne consumo abitualmente la pasta di mais e riso, secondo me, al momento, quella con il miglior rapporto qualità/prezzo. Quindi, appena ho visto la nuova confezione sugli scaffali di Valentina, Mondo senza glutine Boccea il mio negozio gf preferito, non ho resistito alla tentazione. Comprata e degustata per voi.
Per far risaltare il sapore della pasta ho scelto un condimento semplice, il pesto, a cui ho aggiunto una manciata di pinoli rigorosamente italiani e cubetti di primosale di mucca, un formaggio fresco molto delicato.
Il pesto dovrebbe essere fatto in casa ma spesso proprio non c'è tempo. Sul web ci sono ricette in abbondanza quindi vi risparmio la mia, trovo più utile consigliarvene uno pronto di ottima qualità, quello di Cascina Moneta che potete trovare da NaturaSì. Gli ingredienti solo quelli della ricetta originale: olio evo bio, pinoli, basilico aglio e sale.

Ingredienti per 3 persone
250g di fusilli di riso e teff La Rosa
1 barattolino di pesto Cascina Moneta
200g di primosale di mucca
25g di pinoli


La ricetta è semplicissima:  lessate la pasta, freddatela sotto l'acqua fredda, conditela con il pesto, i pinoli e il formaggio a cubetti.

L'unica difficoltà sta nei tempi di cottura: non sono indicati sulla confezione. Io, che amo la pasta al dente, l'ho scolata dopo 5 minuti. Questa pasta richiede tempi di cottura nettamente inferiori a quella di mais e riso e si scuoce con più facilità, quindi è più comoda per un pranzo veloce ma non rispondete al telefono mentre l'avete sul fuoco!

Il sapore ricorda quello della pasta integrale tradizionale, a me è piaciuta molto e l'ho trovata particolarmente adatta alla realizzazione di piatti estivi, paste fredde e condimenti freddi: pomodorini e rucola, zucchine e gamberetti...

Un'idea interessante per la stagione che viene.
Buon Appetito!










mercoledì 20 aprile 2016

Dolce Friuli - Ramandolo D.O.C. 2011 Giovanni Dri Il Roncat

Il Ramandolo, la più antica D.O.C. del Friuli, è un vino appassionante e non conosciuto da tutti. Viene prodotto nell'estremo nord del Friuli, in provincia di Udine, su colline piuttosto elevate e da terreni spesso terrazzati per la notevole pendenza, che richiedono particolare sforzo nelle fasi di raccolta delle uve, sempre e soltanto verduzzo friulano. I colori intensi dell'oro, l'equilibrio tra acidità e dolcezza, i grandi profumi di frutti disidratati e di miele ne fanno un vino adatto alla pasticceria ma anche a molti prodotti tipici della regione, ottimo compagno di formaggi stagionati e salumi locali accompagnati da conserve di frutta. E anche da solo, da meditazione... o meglio da autogratificazione, è molto, molto piacevole.
C'è chi dice che fosse presente nella carta dei vini di un quattrocentesco Concilio, chi ne fa risalire la prima menzione certa a metà '800, chi ne attribuisce il nome alla distinzione tra la cultura latina (romana) che lo produceva e quella slava, in una terra che è confine di popoli da sempre. In ogni caso è un vino con una storia, apprezzato da molto tempo nei luoghi d'origine, e tuttavia non troppo conosciuto lontano da lì, forse per il fatto che la produzione totale non supera le 300.000 bottiglie.
Qualche mese fa, in un ristorante di Trieste, mi era capitato di assaggiarne uno a fine pasto davvero gradevole, quello di La Roncaia, dagli aromi e dal gusto particolarissimi di caramello, che ricordavano le mou di quando ero piccola e che avevano accompagnato alla grande il dessert della serata. Così, dovendo scegliere un vino dolce per una occasione casalinga, ho voluto provare questo Ramandolo di Giovanni Dri, piccola azienda familiare ma centenaria che proprio a Ramandolo, frazione di Nimis, ha la sua sede.
È un vino dal colore meraviglioso, un oro carico, denso di luce e colore e che tende quasi all'arancio. Mette voglia di berlo al primo sguardo, con quella sua bella trasparenza caramellosa che si muove lenta agitando il bicchiere. Gli aromi sono piuttosto profondi, di frutta secca, albicocca, miele di castagno, ma hanno anche una nota floreale che li rende più leggeri di quelli del La Roncaia. Anche al gusto questo Ramandolo è un po' diverso dall'altro, forse un po' meno dolce e meno marcato nella frutta e nel caramello, con note più floreali e una maggiore freschezza, ma anche con una complessità decisamente minore. Chiude con un particolare finale, una sfumatura quasi fumé sulla dolcezza generale. Vino che mi è piaciuto, anche se forse, nel genere, preferisco il La Roncaia, più denso e profondo, morbido e femminile. Ma, rispetto a quello, il Giovanni Dri mi sembra più versatile negli abbinamenti gastronomici per la maggiore freschezza e quello che sembra un minor contenuto di zuccheri residui.  Circa 20€ in enoteca e 85/100, considerate che il prezzo è molto buono per la qualità del prodotto e per essere un passito in formato 750ml. Provatelo senza esitazioni.

martedì 19 aprile 2016

Pizza al formaggio senza glutine




Non voglio assolutamente chiamarla pizza "di Pasqua" al formaggio, perchè è troppo buona per mangiarla una volta l'anno. Anzi, propongo a tutti di prepararne una per la prossima gita, soprattutto se avete un amico celiaco a cui non pensa mai nessuno e che avete voglia di coccolare un pochino. 
Inoltre la versione senza glutine presenta un vantaggio rispetto a quella tradizionale: i tempi di lievitazione sono decisamente inferiori e il sapore non ne risente affatto. 


300g di farina Caputo o Revolution
(o mix con amido di frumento deglutinato)
100g di parmigiano grattugiato
100g di pecorino romano grattugiato
100g di emmental svizzero
1/2 bustina di lievito secco
3 uova
150g di latte + 2cucchiaini di zucchero
6 cucchiai di olio evo 
pepe
noce moscata



In una ciotola capiente mescolate gli ingredienti secchi : farina, lievito, parmigiano e pecorino romano. Dividere a metà una bustina di lievito non è facile con le bilance domestiche che hanno un errore di 2g, ma con un po' di attenzione ci riuscirete senz'altro. Oppure semplicemente fate due pizze!
Non aggiungete sale, ci sono già i formaggi, ma grattate un poco di noce moscata e macinate del pepe.
In un altro recipiente sbattete le uova con il latte e l'olio.
Unite i due composti e mescolate bene con uno sbattitore o, per i più attrezzati, con un'impastatrice.
Se l'impasto vi sembra troppo asciutto aggiungente un po' di latte. Le farine senza glutine sono molto diverse l'una dall'altra, di conseguenza non assorbono i liquidi allo stesso modo: l'impasto deve essere morbido e appiccicoso ma non deve perdere la forma appena lo mettiamo nello stampo. Spero che la foto riesca a darne un'idea.
Tagliate l'emmental a bastoncini di circa 1cm di base e 4/5 di altezza, a seconda delle dimensioni del vostro stampo. Io ne ho usato uno per ciambellone del diametro di 26cm.
Inserite ora i bastoncini di formaggio nell'impasto come si vede nella striscia fotografica. 
La pizza ci lieviterà attorno e al momento di infornare se ne vedrà solo la sommità. 
Lasciatela lievitare un'ora al caldo, magari in forno a 25°-30°.
Infornate a 200° in forno statico già caldo per 50 minuti. Controllate la doratura della superficie e fate la prova stecchino.
Buonissimo Appetito!





lunedì 18 aprile 2016

Focaccia bianca con olive tipo genovese senza glutine




Per realizzare questa buonissima focaccia genovese ho utilizzato la farina dell' Antico Molino Caputo. Anche questa farina è composta prevalentemente da amido di frumento deglutinato, ma a differenza della maggior parte delle altre non contiene l'idrossipropilmetilcellulosa o E464.
Questa farina si è comporata benissimo e ha lievitato meravigliosamente, quindi da oggi è la mia preferita. Per quelli che abitano a Roma potete trovarla da Mondo senza Glutine Boccea.


Ingredienti 
per una focaccia 35x29 cm

500g farina Caputo
400ml acqua
2 cucchiaini di zucchero di canna
1 bustina di lievito di birra
40g di olio evo
più altro per ungere
10g sale fino
50g di olive verdi dolci


In una ciotola molto capiente (o su una tavoletta di legno per impastare) setacciate la farina e unite il lievito. Io ho usato il lievito Pane Angeli Mastro Fornaio, quello con la busta argentata.
Sciogliete due cucchiaini di zucchero di canna in 400ml di acqua e unitela alla farina impastando bene.
Il composto sarà appiccicoso ma abbastanza consistente da poter essere lavorato con le mani unte. Non aggiungete farina!
Dopo averlo lavorato per un paio di minuti aggiungete l'olio e il sale continuando ad impastare fino a che l'olio non sarà completamente assorbito dall'impasto.
In una teglia 35x29 stendete un foglio di carta da forno bagnato. Spennellate generosamente con l'olio e stendete il vostro impasto con le dita, lasciando i segni dei polpastrelli.
Lasciate lievitare per 40 minuti, magari in forno appena caldo.
Ungete bene la superficie e inserite le olive denocciolate e spezzettate.
Infornate in forno statico già caldo a 220° per 30-40. I tempi di cottura purtroppo sono sempre indicativi perchè i nostri forni non sono tutti uguali, il mio consiglio è di regolarvi con il colore della focaccia: appena raggiunge un giallo dorato come quello della foto toglietela dal forno.
Buon Appetito!






venerdì 8 aprile 2016

Etna Rosso minore: Murgo 2014


Dell'Etna Rosso e delle sue particolarità che ne fanno un vino del sud che ricorda rossi del nord ho già parlato altre volte, sempre per presentare bei campioni del genere: il ben noto e  delizioso Terre Nere e il meno noto, ma di ottima stoffa, Setteporte. Entrambi avevano ottenuto giudizi lusinghieri dal passaggio nel mio bicchiere, così ho pensato di provare una versione minore di questo vino per vedere quanto si può ottenere da una lavorazione meno pregiata del vitigno: i poco più di 7€ del Murgo  ne fanno un vino per tutti i giorni, sicché, sulle orme del suo papà, possidente di vigne di antica nobiltà siciliana e diplomatico di professione, può farsi facilmente ambasciatore della viticultura etnea sulle tavole di tutti. Le tenute dei baroni Scannamacca del Murgo da cui provengono le uve sono situate alle pendici sud orientali del vulcano, tra Zafferana e Acireale, per capirci. A pochi chilometri dal mare e a pochissimi dal parco dell'Etna, in una posizione felice per la produzione di vini ma anche per concedersi meravigliosi itinerari turistici: mi ricordo di aver visto, da quelle parti, un albero che non dimenticherò, l'impressionante Castagno dei Cento Cavalli, plurimillenario, considerato tra i più grandi del mondo, circondato di leggende secolari e piccanti e cantato da poeti. Se vi capita di passare di lì, fateci una scappata, è l'unico essere vivente che potrebbe aver conosciuto i ciclopi.
Ma veniamo a lui, il nostro vino di oggi, trasparente, di un colore rubino piuttosto scarico con riflessi rosa, ma anche arancio. Ha un profumo molto fresco e fruttato, semplice e pulito, piacevole e con qualche nota floreale appena accennata di viola. Anche all'assaggio non è complesso, ma schietto e di buona freschezza, con la frutta e i fiori che chiudono senza tante variazioni in note minerali dal tannino asciutto. Insomma, un prodotto che fa della pulizia e della semplicità i suoi punti di forza e esprime nel colore e negli aromi fruttati e minerali le caratteristiche tipiche del vitigno. Una buona scelta per una cena con cucina semplice, magari di territorio... una pasta alla Norma?
81/100.

mercoledì 6 aprile 2016

Girelle di sfoglia ricotta e spinaci






Le torte rustiche sono richiestissime negli aperitivi a buffet, nelle cene in piedi e in molte altre occasioni. Oggi ne preparerò una dalla farcitura classica, ricotta e spinaci, cercando di darne una presentazione più originale e più adatta ad un buffet. Questo ci permetterà inoltre di ottenere una migliore cottura della sfoglia.
Nelle torte rustiche più comuni il peso del ripieno impedisce alla sfoglia di gonfiarsi durante la cottura, ovvero di "sfogliarsi", restando spesso pesante e difficile da digerire.
In questa ricetta arrotoleremo la sfoglia su stessa con il ripieno all'interno e ne ricaveremo tante girelle che avranno il doppio vantaggio di cuocere perfettamente e di andare in tavola già porzionate.

Ingredienti

1 rotolo di pasta sfoglia con o senza glutine
500 g di spinaci
200 g di ricotta di pecora
1 tuorlo per spennellare
40 g di burro
20 g di farina di riso
30 0g di latte
50 g di provola o mozzarella appassita
noce moscata


Pulite gli spinaci (è sufficiente togliere la radice in fondo al ciuffo), lavateli cambiando l'acqua almeno tre volte.
Gli spinaci non si lessano, altrimenti si ammollano e perdono sapore e vitamine: scolate grossolanamente gli spinaci appena lavati e metteteli in una pentola, chiudete il coperchio e accendete un fuoco medio. Girate di tanto in tanto fino a che non saranno ben appassiti. 
Metteteli in uno scolapasta e schiacciateli con un forchettone in modo che perdano più liquido possibile, se avete tempo lasciateli scolare per un po'. 
Ripassateli in padella con un po' di burro (se siete a dieta o desiderate un piatto finale più leggero, potete tranquillamente saltare questo passaggio), dopodichè tagliuzzateli ben bene con coltello e forchetta, come quando tagliate gli spaghetti ai bambini piccoli.
Mescolateli alla ricotta.

Preparate ora una besciamella: mettete a scaldare il latte e nel frattempo fate fondere il burro a bagnomaria. Quando sarà ben sciolto aggiungete la farina setacciata mescolando costantemente con un cucchiaio di legno. 
Quando la farina e il burro saranno ben amalgamati aggiungete il latte bollente poco alla volta, aspettando ogni volta che venga assorbita la quantità versata prima di aggiungerne ancora. Mescolate senza interruzione fino al raggiungimento della densità desiderata (per questa ricetta consiglio una besciamella abbastanza morbida). Se gradite aggiungete della noce moscata grattugiata.

Unite la besciamella all'impasto di ricotta e spinaci.



Srotolate la pasta sfoglia e distribuite uniformemente l'impasto su tutto il disco.
In questo caso ho usato la pasta sfoglia senza glutine della Buitoni.
Arrotolatelo su se stesso aiutandovi con la carta da forno fino ad ottenere una specie di cannolo gigante.
Spennellatelo con un tuorlo d'uovo.
Tagliatelo a fettine di 1 cm di spessore e disponetele su una teglia da forno come in foto.
Infornate a 200° per 25 min.

Togliete dal forno e mettete su ogni girellina una fettina di provola.
Rimettete al forno 5 minuti per far sciogliere il formaggio e servite il piatto caldissimo. 
Buon Appetito!






giovedì 31 marzo 2016

Torta salata senza glutine con broccoli e salsiccia



Ingredienti
1 broccolo siciliano 
2 salsicce
150g di provola
20g di burro 
20g di maizena o farina di riso
250g di latte
1 rotolo di pasta sfoglia sg
1 tuorlo per spennellare la sfoglia
1 spicchio d'aglio
olioevo q.b.


Cominciamo con il broccolo. Lavatelo bene e capatelo come descritto qui. 
Lessatelo per 5 minuti in acqua bollente evitando di  prolungare troppo i tempi altrimenti si sfalda e perde di croccantezza. 
Sbriciolate grossolanamente le salsicce e saltatele in padella per qualche minuto, dopodichè aggiungete il broccolo ben scolato. 
Lasciate andare qualche minuto.
Preparate ora una besciamella: mettete a scaldare il latte. 
Fate fondere il burro e quando sarà ben sciolto aggiungete la farina setacciata mescolando costantemente con un cucchiaio di legno. 
Quando la farina e il burro saranno ben amalgamati aggiungete il latte bollente poco alla volta, aspettando ogni volta che venga assorbita la quantità versata prima di aggiungerne ancora. Mescolate senza interruzione fino al raggiungimento della densità desiderata (per questa ricetta consiglio una besciamella piuttosto morbida). Se gradite aggiungete della noce moscata grattugiata.




Adagiate la sfoglia in una tortiera a cerniera foderata con carta da forno bagnata e strizzata. Per questa ricetta ho utilizzato la sfoglia senza glutine della buitoni.
Riempite con i broccoli, la salsiccia e la provola a cubetti. 
Aggiungete la besciamella per legare tutti gli ingredienti . 
Non ho aggiunto sale perchè le salsicce sono abbastanza saporite.
Chiudete i bordi della sfoglia e spennellateli con un tuorlo.
Infornate per circa 30 a 200°.
Se non amate la besciamella o non avete voglia/tempo di prepararla potete sostituirla con dello stracchino.
Buon Appetito!














mercoledì 30 marzo 2016

Sauvignon Blanc Collio D.O.C. 2015 - Livon


Oggi vi propongo un vino di confine, un sauvignon blanc che arriva dal Collio, quell'estrema parte d'Italia che sconfina in Slovenia. In particolare, l'azienda familiare Livon produce vino in vista del castello di Trussio, piccolo, antico bastione nei pressi di Dolegna del Collio. Non conosco a fondo la produzione piuttosto ampia di questa cantina che possiede tenute anche in Toscana e in Umbria. Questa è la prima delle loro bottiglie che mi è capitato di provare e viene dalla linea base dei bianchi. Non nascondo che anche l'elegante etichetta liberty, accoppiata a un prezzo molto contenuto, abbia contribuito a orientarmi nella scelta del vino giusto per la mia cena da giorno feriale. In fondo, il sauvignon, vitigno di classe internazionale, ha un suo spiccato carattere e può risultare gradevole anche nelle interpretazioni più semplici. Il vino di questa bottiglia fa solo acciaio e è sottoposto a pratiche di cantina limitate, mantenendo le caratteristiche tipiche del vitigno come dote essenziale del suo profilo aromatico e gustativo. Quando lo verso nel vetro, ha un colore molto, molto tenue, trasparentissimo e appena paglierino, quasi incolore e forma archi ampi ma piuttosto lenti nonostante l'aspetto diafano. Svolge un profumo abbastanza ampio, marcato di lieviti e con toni agrumati e di fiori bianchi, un profumo che definirei dolce. Al contrario, assaggiandolo, rivela note più tendenti all'amaro e freschissime, asciutte. È piuttosto profondo e persiste in gola e nel naso con i toni erbacei propri dell'uva da cui è tratto, sfumature di foglie di pomodoro e di peperone. Mi è sembrato un vino che non spicca per armonia, l'integrazione tra le varie sensazioni non è perfetta. Tuttavia ha una sua indubbia piacevolezza che deriva dalla grande freschezza e da quelle sensazioni vegetali che trovo pregevoli. 
Un vino adeguato a bei primi di pesce, anche non semplicissimi. Non so, un piatto di tagliolini con gamberetti e zucchine, ad esempio, dei quali stempererà la dolce succulenza con la spiccata acidità e il suo tono asciutto e ammandorlato. 82/100 e, per circa 9€, non delude di certo.
 

venerdì 25 marzo 2016

Tenuta le Quinte - I rossi: Nasyr 2013 e Primula Lucis 2013

Tenuta le Quinte è un'azienda laziale di cui apprezzo da molti anni i bei bianchi, ottenuti con cura da vitigni locali. Uno per tutti, il piuttosto noto, nel Lazio, Virtù Romane, il miglior Montecompatri che mi è capitato di apprezzare finora, un vino dall'ottimo rapporto qualità/prezzo e dal profilo aromatico davvero particolare. Non ne conoscevo, però, i rossi e ho deciso di provare il Nasyr, ottenuto dall'internazionale vitigno syrah, e il Primula Lucis, che deriva invece dal lazialissimo cesanese.


Rubino, leggermente tendente al porpora, già il colore lo presenta come ancora po' giovane per essere stappato. È limpido, non troppo denso. Ha un naso intenso di mora e rosa in fioritura avanzata, spuntano spezie leggere, una punta di pepe e un ricordo di chiodo di garofano. Un aroma piacevole e spiccato che si trasforma in un gusto leggermente pungente, di ottima acidità e non troppo complesso, brusco e asciutto sulle stesse note di frutta e spezie con una aggiunta finale di liquerizia sulla astringenza decisa e un po' giovanile dei tannini. È un sorso rapido, una vivace frustata di gusto. Il vino continua a migliorare a distanza di ore dall'apertura della bottiglia, via via ammorbidendosi e aumentando di complessità aromatica. 84/100 - 10€ circa.






È un cesanese in purezza, dal colore rubino, appena appena tendente al granato. Media la trasparenza e così la densità nel vetro. L'aroma non è molto complesso, piuttosto semplice, note di ciliegia e amarena su una sensazione un po' vinosa e alcolica.  All'assaggio migliora. È freschissimo e molto amabile, ancora ciliegia e frutta rossa, sensazione alcolica e liquirizia dolce, molto pulito anche se non complesso e con la sfumatura erbacea, appena accennata, propria del vitigno. Non è un campione, ma non mi è dispiaciuto. Può dare anche belle soddisfazioni se abbinato al piatto giusto. Forse una coda alla vaccinara, come consiglia il produttore? Data la grande freschezza, dovrebbe uscirne un buon accoppiamento. Me ne ricorderò la prossima volta che la cucino. 82/100 per me e sempre 10€ circa in enoteca.


martedì 22 marzo 2016

Back to basics: Primitivo di Manduria D.O.P. Memoria 2013 Produttori Vini Manduria


Sì, ritorno alle origini e ritorno alla semplicità dei fondamentali con il vino di oggi, un Primitivo di Manduria in purezza dal carattere semplice ma generoso. Alle origini perché il primitivo è un'uva antica, la cui vinificazione si perde nella notte dei tempi e che si dice allietasse le baldorie dell'Apulia molti e molti secoli fa. Ritorno ai fondamentali perché il Memoria è un vino di ambizioni modeste ma  concrete, dalla lavorazione semplice e dal gusto piuttosto tradizionale e che però, tutto sommato, non delude. Come sapete, il primitivo è il mio vino d'elezione quando raggiunge certe vette sapienti, quindi non mi è facile riconoscere qualità in prodotti base. Tuttavia il Memoria, con i suoi 7€ e qualcosa di prezzo, rimane un ottimo acquisto. Un buon vino per giorni feriali.
Il Consorzio che lo produce, e che non conoscevo prima di questa bottiglia, in realtà ha una storia piuttosto lunga e una esperienza tutta legata a questo vitigno che dovrebbero dare qualche garanzia perciò mi riprometto, dopo questo assaggio di base, di metterne presto alla prova la produzione di punta. Ma passiamo alla pratica. Il colore del Memoria, che non conosce legno, è un rubino medio, senza slanci e più impenetrabile che no. Il vino è piuttosto denso con un naso abbastanza intenso, ma non complesso, di ciliegia e mora, un po' vinoso, nel quale, unica particolarità, si avverte una leggera nota di salamoia, non sgradevole. Più fievole, più lontana, ricorda un po' la sfumatura, sugli analoghi toni, del Nero d'Avola Morgante. Al sorso dimostra una buona acidità, insospettabile all'analisi olfattiva. È semplice, davvero non troppo complesso, oltre alla frutta solo il ricordo leggero di salamoia e un finale di liquirizia dolce. Il punteggio non può essere troppo alto, direi un 81/100. Tuttavia per il prezzo a cui è offerto e per le molte, buone opportunità di accompagnamento di saporite portate a tavola, è un acquisto che mi sento di consigliare.

lunedì 21 marzo 2016

Tiramisù leggero, senza uovo e senza glutine.



Lo scopo di questa ricetta è quello di mettere alla prova un prodotto: i savoiardi senza glutine di Bezgluten. I prodotti per celiaci sono tanti e i prezzi piuttosto alti. Spesso siamo indecisi nella scelta tra le diverse marche o esitiamo a comprare un prodotto nuovo per paura che ci deluda. Le degustazioni sono poche e, se vogliamo informazioni prima di acquistare, non ci resta che affidarci ai consigli di che li ha già provati.
La ricetta classica del tiramisù è piuttosto nota, quindi ne propongo una versione meno calorica e senza uovo (allergene abbastanza diffuso), nonché velocissima. L'idea non è mia, l'ho trovata sulla scatola dello yougurt Total, ma mi è piaciuta molto e ho deciso di realizzarla gluten-free.




Ingredienti per 4 porzioni
una scatola di savoiardi Bezgluten
150g di yogurt total 0%
150ml di panna fresca
4 cucchiai di zucchero a velo
6 tazzine di caffè
cacao per spolverare
30g di gocce di cioccolato fondente

Preparate il caffè e lasciate che si raffreddi bene.
Mescolate lo yogurt con lo zucchero. Lo yogurt deve essere quello greco, molto più compatto degli altri, altrimenti la crema viene troppo liquida.
Montate la panna a neve ben ferma ed incorporatela delicatamente nello yogurt.
Bagnate i savoiardi nel caffè a temperatura ambiente, stando attenti che non ne assorbano troppo, altrimenti si disfano. 
Disponete in uno stampo da plumcake uno strato di biscotti e uno di yogurt e spolverateli con un po' di cacao e un cucchiaio di gocce di cioccolato. Disponete un altro strato allo stesso modo.
Con una sola scatola di biscotti non riuscirete a fare più di due strati su uno stampo lungo 24cm, per circa 4 porzioni.
Lasciate raffreddare in frigo per 2 ore.
Alla prova dei fatti, i savoiardi Bezgluten si sono comportati molto bene, il dolce è risultato buonissimo. Questi biscotti però somigliano di più a dei pavesini, anche se sono più consistenti, e per nulla a dei savoiardi, quindi, se volete realizzare la ricetta più classica, dovete acquistarne di una marca diversa.
Non serve dire che se non avete problemi con le calorie potete sostituire lo yogurt 0% con quello intero, ma vi consiglio di provare questa versione light che risulta davvero fresca e leggera.
Buon appetito !


venerdì 18 marzo 2016

Frutta e pietra: Etna Rosso D.O.C. 2013 Tenuta delle Terre Nere


L'Etna Rosso è un vino che vi avevo già presentato qualche tempo fa, nell'ottima interpretazione di Masseria Setteporte, aggiungendo che è uno dei rossi del Sud che amo di più. Ma se quello era un bel vino agile e dal finale affilato, qui parliamo soprattutto di eleganza. Lì ferro, qui pietra scolpita.
Tenuta delle Terre Nere è un'azienda vinicola con sede in una bella masseria sulle pendici nord dell'Etna, una delle zone maggiormente vocate all'enologia di tutta l'isola. La terra è nera davvero e trasuda tutti gli umori del gigante di fuoco, mentre l'aria è quella montana che accompagna la crescita delle uve fino a quasi 1000 metri di quota, con escursioni termiche molto estese. Il vino che se ne ricava, lo considero una piccola meraviglia. L'Etna Rosso Terre Nere è molto bello già nell'aspetto, un rubino appena appena tendente al granato, leggero e trasparente nonostante il buon corpo e gli archi stretti. Il profumo emerge dal calice intenso, armonico e profondo, con belle note floreali, di viola, e sfumature eteree che si accavallano nella scorta al frutto poderoso. Ma dà il meglio di sè all'assaggio, con una meravigliosa acidità in entrata, una grande freschezza, asciutta e elegante. Più tardi è sapido e decisamente minerale, pietroso, e dona una piacevole sensazione di calore nonostante la gradazione non estrema, terminando con un tannino meravigliosamente affinato. Bello! Frutta e pietra in perfetta eleganza. Se proprio devo trovargli un difetto, dirò che forse è un po' monocorde, molto più elegante che complesso... ma non è detto sia un vero difetto, se l'eleganza è così netta e tiene, sola, la scena. Grande con molta cucina di terra, versatile come un pinot nero del Sud. 89/100 a un prezzo di circa 17€.

lunedì 14 marzo 2016

Autoctono molisano: Tintilia D.O.C. 2011 Di Majo Norante


È l'unico. L'unico vitigno autoctono che può vantare il piccolo Molise. Forse di antica origine spagnola, come il nome, tintilia, uva dal denso colore, e la passata dominazione borbonica delle terre potrebbero testimoniare. In ogni caso è oggi il vino molisano per eccellenza, così come un tempo era considerato il frutto di maggior pregio della viticultura di quei territori. Caduto in disgrazia e quasi completamente scomparso nei lunghi anni delle alte rese e del vino alimentare, è stato riscoperto a nuovi fasti solo piuttosto di recente. Se richiede attenzioni e cure maggiori rispetto a altre uve, il vitigno ha però stoffa e dà vita a vini di buon pregio e di non troppo nome, binomio assai favorevole all'appassionato di sostanze non ampie. La Tintilia che vi presento è quella di Di Majo Norante, probabilmente la più nota delle case vinicole molisane al di fuori del Molise. Già aspetto i commenti degli espertoni, per i quali questa o quell'altra vinificazione della tintilia meriterebbe maggiore attenzione. Ma li prevengo. Ho scelto quella Di Majo Norante perché è facile da trovare anche al di fuori della regione d'origine, un po' ovunque, perché è un gran bel vino e ha un prezzo decisamente adeguato ai suoi pregi: motivi assoluti perché un cultore del buon bere, incuriosito da questo autoctono non troppo comune, la cerchi, la trovi, l'assaggi e ne sia soddisfatto.

Il colore è molto bello: rubino perfetto, non molto trasparente ma limpidissimo. Il naso è abbastanza ampio, di frutta, mirtilli, ma con note vegetali abbastanza particolari e pronunciate... penso a un ramo verde appena reciso. Arrivano, poi, sfumature di spezie e pepe in una trama leggermente balsamica. Al gusto non è troppo complesso, ma vivo. È piacevole e netto, di armonia perfettibile ma dai toni intriganti. Si ritrova la bella nota balsamica che accompagna il frutto e ci si appassiona a un finale dal tannino deciso che sfuma nel rabarbaro e nella liquirizia. 
Come per altri bei vini della stessa cantina, il più semplice Contado (uno dei miei evergreen) o l'intenso Don Luigi, provo dell'affetto, più volte dimostrato, anche per questo autoctono. Non gli darò meno di 85/100. Costa circa circa 12€ in enoteca. Da provare, perché no, su uno stagionato caciocavallo di Agnone, tanto per rimanere in regione.