Sia il vitigno, autoctono campano, che la viticultura nell'isola d'Ischia hanno storia molto antica. Secondo Plinio il Vecchio, Ischia era l'isola delle anfore da vino, Pithecusa nella lingua degli antichi coloni greci. Forse il nome derivava da altro, ma è certo che la vite si è impadronita delle colline dell'isola molto, molto tempo fa e che più di un antico popolo ha fatto di quel meraviglioso cono vulcanico il proprio vigneto. Ancora oggi le tecniche di viticultura del versante nord ricordano il modo etrusco di far crescere l'uva, in altezza, mentre quelle del lato sud mantengono il sistema greco a alberello, tipico della Magna Grecia.
Antico a sua volta è il piedirosso che, a volerlo identificare ancora con Plinio, sarebbe l'uva colombina, così detta per il rachide rosseggiante che ricordava il piede dei colombi... per''e palummo, appunto, nel dialetto locale. Vitigno comune a molte zone della Campania, è considerato un'uva difficile, che sviluppa facilmente sentori spiacevoli se lavorata con cura insufficiente, uva dalla bassa resa e dalla potenza e dal corpo inferiore all'altro grande campano, l'aglianico. Così, per molto tempo, è stata relegata a ruoli minori. Oggi, però, meno di ieri. Tecniche evolute e perizia in cantina ne hanno fatto un vino interessante in molte versioni, un rosso più delicato e leggero dei grandi rossi campani e con caratteristiche specifiche di acidità e salinità che lo rendono adatto a molte occasioni gastronomiche. E c'è da aggiungere che non è mai un vino costoso, neppure nelle interpretazioni migliori, una conoscenza che vale la pena fare.
Questo piedirosso isolano, Per''e Palummo, è lavorato dall'antica cantina Casa D'Ambra, una delle più note di Ischia. Quindi, se si vive lontano da lì, rappresenta una delle opportunità più concrete per provare un vino prodotto in quantità limitate sulle pendici poco estese e difficili dell' isola-vulcano.
Vino di mare, con tutte le caratteristiche tipiche del piedirosso in bella mostra, si agita abbastanza trasparente nel bicchiere con la sua veste rossa, tra il rubino e il porpora, leggero, con un'unghia che tende al violetto. Colpisce con un profumo piuttosto ampio e profondo dai toni floreali di rosa e geranio, mentre il frutto resta quasi in secondo piano. In bocca è fresco, per la tipica acidità del piedirosso, asciutto, salino e non concede pochissimo alla dolcezza, fino al finale in cui vibra un tannino breve, secco e vivo. È un vino pulito, snello e tipico, che accompagnerà benissimo primi piatti gustosi e pietanze di carne non troppo strutturate. Per me vale 82/100, un po' penalizzato dalla fondamentale semplicità del gusto, di tono minore rispetto al naso. Lo trovate a circa 11€ nelle enoteche.
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