domenica 31 gennaio 2016

Scarola in padella con pinoli, alici e uva sultanina





L'insalata è uno dei contorni più comuni, veloci e facili da prepare: basta lavarla, tagliarla e condirla come preferiamo. Possiamo però complicarci un po' la vita per guadagnare un po' in gusto, l'impegno in più non è molto e sarà ben ripagato.

 
 Ingradienti per 4 persone
1kg di scarola
4 alici sott'olio
due cucchiai di uva passa
30g di pinoli
 4 cucchiai di olio
1 spicchio di aglio 





Lavate e asciugate la scarola. Tagliatela a pezzi eliminando la parte finale della foglia che risulta più legnosa.
In una padella antiaderente scaldate 4 cucchiai di olio, fate rosolare uno spicchio d'aglio e sciogliete le alici.
Aggiungete l'insalata, mescolando con un cucchiaio di legno fino a quando non risulterà ben appassita.
Aggiungete i pinoli e l'uvetta fatta rinvenire qualche minuto in acqua calda.
La preparazione di questo contorno è anche un ottimo modo, se servisse, per utilizzare l'insalata non più freschissima e che cruda risulterebbe poco allettante. In più, è un abbinamento sfizioso per secondi semplici, come il pesce spada alla griglia della foto.
Buon appetito!

Piccola fortezza: Moscato di Terracina D.O.C. Oppidum 2014 Sant'Andrea



"Piccola fortezza" è il nome, Oppidum. Ma della fortezza, questo vino non ha molto. Non sta sulla difensiva, né nel prezzo, che è abbordabilissimo, né come carattere, che è anzi piuttosto aperto, profumato e femminile, decisamente poco guerriero. Il moscato di Terracina è una varietà della famosa uva aromatica presente solo nel Lazio, non solo frutto da vino, ma anche da tavola per le sue caratterisctiche di profumata dolcezza. Uva antica, conosciuta e vinificata già dai romani, è coltivata dall'azienda Sant'Andrea  (di cui vi ho già parlato raccontandovi di un meraviglioso passito) in filari disposti su un territorio davvero molto bello tanto da essere annoverato tra i parchi nazionali. L'Oppidum è un vino base, ma anche molto particolare e dagli abbinamenti gastronomici non banali. Il colore, tipico del vitigno, è tutto sulle sfumature dell'oro, trasparenti e leggere. Il profumo... quello è ampio e inconfondibile, quasi sorprendente per un vino secco, perché ha molte delle caratteristiche dei vini da dessert, dei moscato spumante, ma più profondo e ricco di note di frutta, lime, pesca, mela, pompelmo e di fiori bianchi. Quando lo assaggiate entra con note quasi dolci, ma subito acquista decisa acidità e brio che stemperano tutti i sapori già preannunciati al naso in un finale ammandorlato abbastanza puntuale e preciso. È un vino molto ben fatto, particolare e un po' estremo per gusto. Non può essere abbinato a qualsiasi piatto. I sapori delicati e poco aromatici di una portata di pesce troppo semplice, non so, una spigola al sale o una insalata di polpo ne verrebbero sopraffatti. Meglio una preparazione di crostacei con erbe e agrumi, qualcosa che ne contrasti l'esuberanza aromatica. O ugualmente, un primo piatto delicato e profumato. Ma è un parere personale, lascio a voi trovargli la compagnia migliore. Costa così poco e vale così tanto che varrà la pena di sicuro metterlo alla prova più volte. Gli assegno 86/100. Qualcuno lo valuta anche parecchio di più, ma la grande aromaticità va forse un po' a discapito della bevibilità e questo, forse, ne è l'unico piccolo difetto. Soli 7€ in enoteca. Ben spesi.

martedì 26 gennaio 2016

Toscana I.G.T. EBO 2012 Petra


Il nome, dicono sia etrusco. Ma la prima volta che l'ho assaggiato è stato al tempo dell'epidemia dal nome simile che aveva monopolizzato l'attenzione dei mezzi di informazione e quando me lo avevano proposto ne avevo notato con un sorriso l'inquietante assonanza. L'ho bevuto di nuovo qualche settimana fa su un semplicissimo piatto di arrosti e ve lo racconto in breve. I vitigni assemblati in questa bottiglia sono il cabernet sauvignon, il merlot e, a far la parte del protagonista, il sangiovese. La cantina che lo produce è Petra, dalla avvenieristica struttura architettonica incastonata nelle colline di Maremma e dai vasti vigneti, e che, forse gelosa della propria inclinazione creativa, propone solo I.G.T.
L'Ebo è un vino poco trasparente e piuttosto denso, dal colore rubino ma già cangiante verso sfumature granato, con un profumo di media ampiezza e equilibrato che si esprime in una portante di frutta rossa, di ciliegia  e mora, seguita da note più tenui di fiori in fioritura avanzata, di pepe e di cuoio. In bocca è abbastanza morbido e fruttato sul principio, ma un po' troppo rapido e ruvido nel  finale dai toni ammandorlati e di leggera liquirizia. Anche i tannini sono un po' corti e veloci. Un vino forse non completamente riuscito, non spiacevole ma neppure esaltante, che avrei fatto meglio a bere su una tagliata appena scottata alla griglia piuttosto che su un arrosto dove una maggiore avvolgenza e persistenza sarebbero state più armonicamente abbinate al piatto. Ipirandosi forse alla luna, che decora con le sue fasi la strana etichetta ammiccante a cosmici equilibri, non ne raggiunge però la pienezza. 81/100 e 11€.

sabato 23 gennaio 2016

Interpretazione facile di un'uva difficile: Pinot Nero Alto Adige D.O.C. Meczan 2014 Hofstätter


L'uva è difficile, si sa. Il pinot nero, per alcuni un re tra i vini, per altri spesso una delusione. Il pinot nero dal carattere ritroso, che va convinto da condizioni e opera sapiente a dare il meglio di sé. A me è un vitigno che piace, sia nelle interpretazioni migliori, di pregio, nelle quali si dimostra un fuoriclasse, sia in quelle più semplici ma tipiche, nei vini che possono essere acquistati più spesso ma che, se ben lavorati, danno belle soddisfazioni a tavola. A questa seconda categoria appartiene l'altoatesino di oggi, il Meczan di Hofstätter. La cantina la considero una garanzia, amo molto i loro vini, li scelgo spesso e non mi deludono quasi mai. Questo pinot nero, dalla elegante etichetta da poco rinnovata, si presenta leggero e trasparente con i colori tipici del vitigno in gioventù. Rubino con sfumature porpora e un'unghia rosa, con riflessi di bellissima trasparenza. Frutta rossa al naso, ciliegia non invadente, accompagnata da misurate e eleganti sfumature floreali, di rose sbocciate e una polverosa mineralità nel finale. Non un aroma di grande volume, piuttosto di sottile e semplice eleganza. Buona acidità, freschezza di gusto e pulizia sono le caratteristiche dell'assaggio, preservate dalla semplice interpretazione in cantina che non ricorre all'uso del legno. Il tannino è ancora un po' giovane e asciutto, ma destinato rapidamente a acquistare grazia. Insomma, come dicevo, l'interpretazione facile e economicamente avvicinabile di un'uva difficile. Un buon prodotto senza slanci eccessivi, ma di semplice fascino. 84/100 e 11€ per questa bottiglia.

venerdì 22 gennaio 2016

Siciliani per scelta: Sicilia D.O.C Syrah 2013 Feudo Principi di Butera

Siciliani per scelta: il vitigno, syrah, e i produttori, la famiglia Zonin. L'uva ha trovato nella terra di Sicilia una delle zone italiane che maggiormente l'ha accolta e valorizzata, tanto che qualcuno ne sostiene addirittura l'origine locale. Zonin, signore della viticultura dei grandi numeri, ha scelto di rilevare, in Sicilia, territori e vigneti da destinare a una produzione più orientata al territorio e alla qualità. La  tenuta Feudo Principi di Butera è antica e bella, vasta per centinaia d'ettari di vigneti e sede di una rurale dimora d'epoca. Vini se ne producono tanti, ma io ne conosco pochi. Tra questi, sono già un paio di volte che scelgo questo Syrah in purezza, dal costo contenuto intorno ai 10€ e dal piacevole e particolare carattere. Il suo colore rubino, opaco e di buona densità, si accompagna a profumi abbastanza ampi ma non troppo complessi, le cui peculiarità, cioè quello che li distingue al di là del solito frutto, sono in una nota morbida di fiori appassiti e melograno e in un lontano ricordo di salsedine. Il gusto è ancora più individuale, al contempo morbido e amarognolo, una leggera sfumatura che mi fa pensare al radicchio, ma niente affatto spiacevole, anzi, e solo una lieve dolcezza ai lati del sorso. Un tannino veloce, preciso e secco chiude la sua prova. Non è un vino memorabile, ma ha un suo stile. A me piace molto sulla carne al sangue, dove la nota ammandorlata e il vivido tannino contrastano a puntino e rispettivamente la dolcezza e la sugosità dei succhi appena scottati dalla griglia. Su una fiorentina lo gusterete alla grande, tutte le sue caratteristiche ne usciranno esaltate e armonizzate. 83/100.

sabato 16 gennaio 2016

Valpolicella Primo Ripasso Superiore D.O.P. 2013 Castelliere delle Guaite - Montresor

Data l'antica ascendenza della casata che lo produce, i secoli di attività vinicola alle spalle e la terra da vino per eccellenza da cui proviene, non dovrebbe essere timido. Eppure, se ne stava sugli scaffali dell'enoteca tutto vestito del burqa con il quale il solito creativo del marketing ha deciso di proporlo alla clientela, forse perché si senta destinataria di attenzioni aggiuntive in veste regalo. La stessa etichetta, sfilabile e retroimpressa con un memorandum in cui inserire l'occasione e la compagnia della bevuta, si inchina alla volontà del designer di strizzare l'occhio all'acquirente, suggerendogli conviviali emozioni. Sia quel che sia, non ho resistito alla tentazione di portarmelo via, a 13€, un prezzo che ancora non riesco a sincerarmi essere quello comune. Ovunque, sul web, sembra costare parecchio di più. La casa vinicola è nota e i loro amaroni sono bottiglie di pregio, ma era la prima volta che assaggiavo un loro ripasso. Ammetto quindi la mia ignoranza, non so che dirvi, anche perché esiste una versione Classico del Ripasso Montresor e è l'unica presente sul sito web del produttore, mentre quella sulla mia tavola è un Superiore. Quindi, da disciplinare, deve aver fatto almeno 12 mesi di botte, ma anche il Classico descritto dal produttore li fa. Saranno edizioni successive dello stesso vino?  Considerata l'etichetta amovibile e il mistero in rete su versioni e prezzi, è davvero un vino in maschera. Posso solo dirvi che ho bevuto quello in foto e di quello vi parlerò. 
Il contenuto della bottiglia "misteriosa", versato nel vetro, ha un perfetto colore rubino di scarsa trasparenza, denso e dall'unghia tendete al rosa. Il suo aroma è quello che ci si aspetta da un Ripasso, il fratellino per poveri dell'Amarone, complesso di ciliegia matura, visciole, note speziate e passite e poi, più leggere, fino al cuoio e al tabacco dolce che derivano dal lungo affinamento in legno grande. Non è però troppo morbido all'assaggio, anzi mantiene una buona acidità, un certo scatto e freschezza nonostante il frutto abbondante e polposo, i tannini sono piacevolmente addomesticati ma vivi e la persistenza e buona, con sentori finali di liquirizia e caffè. È un vino che ho molto gradito e che mi ha stupito per i suoi 13€... sempre che quello sia il suo vero prezzo. La sua nota particolare, rispetto a altri ripasso provati, è proprio nella maggiore freschezza, nonostante mantenga gli "aromi di famiglia" caratteristici del passaggio nei tini dell'Amarone. Una dote che può riuscire utile negli abbinamenti di cucina, nei casi in cui un po' di scatto insieme alla rotondità degli aromi non guasta. 87/100 ci sono tutti e forse anche più. Devo approfondire, appena ho tempo, qual è il suo posto nelle gerarchie della produzione Montresor, quali rapporti ha con il Classico, ma senza attendere ulteriori informazioni mi sento già di consigliarlo a cuor leggero.  Sperando che lo troviate anche voi allo stesso prezzo.

martedì 12 gennaio 2016

Zuppa funghi e castagne






Ingredienti per 4 persone
500g di mosciarelle (castagne secche)
1kg di funghi misti
un rametto di timo
2 scalogni
1,5l di brodo vegetale
qualche fetta di pane casareccio
olio q.b.
sale
pepe


Una delle mie zuppe preferite.Tra gli ingredienti ho indicato le mosciarelle, ovvero le castagne secche, ma potete tranquillamente usare quelle fresche (1,2Kg), il risultato è comunque ottimo, dovrete solo lavorare un po' di più. Nel caso usiate delle castagne fresche incidetele e lasciatele immerse in acqua per almeno un paio d'ore così non avrete problemi nel separarle dalla pellicola interna. Poi mettetele in forno statico già caldo a 220° per 20 min. e sgusciatele.
In una pentola scaldate 4 cucchiai di olio e fate rosolare i due scalogni tagliati a fettine. Aggiungete il brodo vegetale bollente e le castagne, mosciarelle o fresche che siano. Salate leggermente e lasciate bollire piano per 45 minuti. A questo punto aggiungete i funghi che, nell'attesa, avrete trattato come vi sto per dire.
Per questa ricetta io ho usato dei funghi champignon scuri, ma potete tranquillamente usare dei porcini o i funghi che più vi piacciono. In ogni caso pulite il cappello con carta da cucina umida, togliete i residui di terra dal gambo con un coltellino e tagliateli tutti a fettine. Rosolateli per qualche minuto in padella con qualche cucchiaio di olio e aggiungeteli al brodo con le castagne  assieme al loro fondo di cottura. Regolate il sale.
Lasciate cuocere per qualche altro minuto. Profumate con del timo fresco.
Con un frullatore a immersione frullate una metà della zuppa.
Bruscate qualche fetta di pane da servire assieme e impiattate con una bella spolverata di pepe e, se potete, con una grattatina di tartufo.
Buon appetito!



domenica 10 gennaio 2016

Bruschettine broccoli e vongole



Ingredienti
qualche fetta di pane di grano duro
broccolo romano
 vongole fresche
aglio 
olio evo

Broccolo romano e vongole, abbinamento insolito, stuzzicante e versatile. Qui l'ho usato per condire delle bruschette ma è ottimo per realizzare un primo semplice, veloce e d'effetto. Da provare assolutamente con dei delicati gnocchetti di patate.
Assemblare questo piatto è facile: pulite il broccolo romano come ho fatto con quello siciliano in orechiette broccoli e pancetta. Dopo averlo lavato, tuffatelo in acqua bollente per non più di 5 minuti e ripassatelo in padella con olio e aglio. 
Contemporaneamente fate aprire le vongole (che avrete lasciato in una bacinella con acqua e sale per almeno due ore per spurgarle dalla sabbia) in un altro tegame: soffriggete uno spicchio di aglio in qualche cucchiaio di olio e unite le vongole assieme ad un ciuffo di prezzemolo, abbassate la fiamma  e coprite. Aspettate che tutte le vongole si aprano e poi spegnete il fuoco.
Unite le vongole al broccolo ripassato.
Filtrate l'acqua di cottura delle vongole con un fazzoletto di cotone bianco e condite con questa le fette di pane che avrete bruscato, senza esagerare altrimenti perdono di croccantezza. Aggiungete il broccolo con le vongole, spolverate con del pepe macinato fresco e stupite i commensali.
Buon appetito!

Su una preparazione del genere, il vino di ieri andrà benissimo. Abbinamento perfetto spendendo poco.

sabato 9 gennaio 2016

Soddisfazioni a buon mercato: Lazio bianco I.G.T. Satrico 2014 Casale del Giglio


Questo vino è un successo. Commerciale. Si trova spesso e volentieri, un po' ovunque, nella grande distribuzione, nei ristoranti di medie pretese, in moltissime enoteche. Casale del Giglio è una delle cantine più note del Lazio al grande pubblico, produce molti vini, di molti prezzi e di molte diverse ambizioni. Roba semplice e vini di un certo pregio. Vini da pochi euro e vini di costo considerevole. C'è da dire che, in generale, anche i suoi vini di base hanno una certa qualità, difficilmente deludono rispetto al prezzo. Ma nel caso del Satrico, secondo me, il rapporto qualità/prezzo è decisamente strabiliante. Se dovete prendere un bianco da portare a casa di amici poco esperti per una cena di pesce e volete mostrare le vostre capacità di selezione spendendo il meno possibile, il vino da scegliere è questo. Dall'assemblaggio di uve chardonnay, sauvignon e trebbiano in percentuali sapientemente variate e dalla loro vinificazione in acciaio nasce un vino ben fatto, di ottime caratteristiche, per una spesa di soli 5-6€. Farete bella figura con poco.
Ha un colore oro molto, molto leggero e trasparente, ma un profumo ben intenso per la sua categoria, marcato di lieviti e note agrumate evidenti, con toni di pesca e fiori tutto sommato ampi e abbastanza complessi. Al palato risulta morbido e piacevole pur mantenendo una buona acidità, è fruttato e aromatico nella persistenza niente affatto modesta, con belle sensazioni finali erbacee, quasi di origano. Insomma, un vino che mi piacerebbe veder giudicato in una degustazione alla cieca, tanto per capire quanto il pagarlo poco possa influenzare il giudicarlo modestamente. Io, sfidando i giudizi degli espertoni, gli do un bel voto di 85/100, assolutamente una prestazione di rilievo per un vino base.

giovedì 7 gennaio 2016

Un numero fortunato: Polvanera 17 Primitivo di Gioia del Colle D.O.C. 2011



Un numero portafortuna per finire un anno e iniziarne un altro era d'obbligo. Ho scelto il 17 e non me ne sono pentita affatto. La cena di fine anno la considero un'occasione gastronomica importante, forse proprio perché la vivo in tranquillità, in casa, e mi concedo tutte le gratificazioni possibili, a scopo propiziatorio. Il vino avrebbe avuto degli avversari gagliardi da fronteggiare: una selezione di formaggi di pregio, alcuni a lunga stagionatura, altri più teneri, altri ancora erborinati, per finire con uno stilton e un gorgonzola piccante stagionato in vinacce dai sapori particolarmente evoluti e complessi. Sarebbe stato necessario variare i vini all'entrata in gioco di ogni prodotto caseario diverso ma, considerando in aggiunta la presenza di altrettanti salumi e affettati, i parametri di spesa e il controllo dell'alcolemia consigliavano diversamente ai due soli bevitori che volevano lasciarsi anche un po' di sobrietà residua per le bollicine da brindisi, per l'immancabile accompagnamento alcolico del dessert e il bicchierino di grappa da fine cena. E allora?
Allora poteva entrare in campo solo un fuoriclasse, un vino complesso e morbido, di grande potenza alcolica, che potesse sostenere sapori così forti e diversi senza cedere e apportare una nota adatta a ciascuno.
Con queste caratteristiche, ho scelto il gioiello di Polvanera, il 17, un primitivo in purezza ottenuto da vecchie viti e maturato a lungo in solo acciaio. 
Il suo colore, rubino, semitrasparente, si accompagna a una grande densità che non stupisce: il 17 del nome si riferisce all'importante gradazione alcolica del vino. Quando si accosta il naso al calice, il profumo è intensissimo, ampio, complesso, con dominante frutta rossa, ciliegia e mora, ma notevoli aromi paralleli di spezie, pepe, tabacco, cuoio e un sottile, ma nitido, ricordo di salamoia. All'assaggio esprime un corpo possente, con grande morbidezza e tuttavia buona acidità, con un gusto davvero particolare, quasi dolce ma che integra note di liquirizia e perfino rabarbaro e con tannini possenti e nonostante tutto gentili. Ha un ritorno di rara ampiezza e persistenza, profondo di spezie e note eteree, quasi di smalto, che si prolunga a non finire. Un vino eccellente, un po' sullo stile opulento e grandioso del mio preferito, anche se leggermente meno esteso nella gamma delle sensazioni e più appuntito nel suo tono specifico di liquirizia/salamoia/rabarbaro. 92/100 per me, che amo molto il genere. Valore che è giusta ricompensa per la spesa di 25€. Consigliato senza esitazioni.