Non tutti gli arrosticini nascono uguali. Lo sanno bene gli abruzzesi, che degli spiedini di carne di pecora hanno fatto una bandiera regionale, ma molto meno bene nelle altre parti d'Italia dove questo cibo semplice e gustoso si è trapiantato qua e là, spesso senza le caratteristiche indispensabili dei migliori originali.
Un vero amante della tavola non può accontentarsi di quei piccoli cubetti di carne, tutti uguali, tagliati a macchina e infilati su uno stecco che in molti supermercati e in molti locali vengono spacciati per arrosticini abruzzesi. La misura così ridotta della carne li fa carbonizzare in cottura, della tenerezza e del gusto non resta nulla.
Le mie origini abruzzesi e la mia conoscenza palmo a palmo della regione, mi permettono di discettarne con qualche cognizione di causa. Dopo varie ricerche e esperienze ho trovato il mio fornitore preferito ne Il Signore delle Pecore, macelleria ovina di Pescara che ha costruito una strategia di vendita sull'arrosticino tagliato e infilato a mano davanti agli occhi del cliente, direttamente sul banco, e che ha una piccola succursale a Montesilvano, a pochi passi da casa mia.
Gli arrosticini del Signore delle Pecore sono rinomati nei dintorni per la morbidezza della carne, la giusta alternanza tra parti magre e grasse e per le dimensioni generose che garantiscono una cottura perfetta e gustosa sulla tradizionale "fornacella" a carbone di legna.
Nella mia estate, diverse sere sono dedicate a questo cibo semplice e antico, cui aggiungo anche piccole bistecchine di pecora da cuocere allo stesso modo, dal sapore un po' meno caratteristico ma ancora più tenere.
Una cena a base di arrosticini, però, è assolutamente incompleta senza il giusto vino. Le scelte possono variare, a seconda dei gusti e della temperatura della serata: un rosso corposo, ma anche un rosato più fresco e fruttato, purché con un tenore alcolico sufficiente a competere con il sapore forte della pecora alla brace. Questa volta ho optato per un classico montepulciano in purezza, il vino tipico della stessa terra su cui brucano le greggi da carne e, per non bere qualcosa di già assaggiato, ho preso un prodotto che non conoscevo, il Plenus. Il vino è prodotto da una azienda agricola a conduzione familiare di Pianella, in provincia di Pescara, la cui specializzazione è negli oli, da vari cultivar e tutti biologici. La maggior parte delle terre della famiglia D'Addario-Palusci è coltivata a uliveti e solo 7 ettari sono dedicati alla vite. Dunque, una produzione di nicchia per vini a diffusione soprattutto locale, prodotti secondo dettami biologici e dai prezzi molto contenuti. Il Montepulciano Plenus, vinificato semplicemente in acciaio, si è rivelato davvero un vino ben fatto per i suoi 9€ scarsi. Ha un bel colore rubino intenso e mostra un bel corpo mentre ruota nel bicchiere. Il naso è abbastanza complesso e speziato, con vivissime note di ciliegia e sfumature più leggere di spezie, pepe nero, alloro e chiodi di garofano. Al gusto, domina ancora la ciliegia, ma tornano anche le spezie e note tostate in un buon equilibrio tra corpo e morbidezza, con tannini abbastanza delicati e un finale di media lunghezza. Il consiglio, per gustarlo al meglio su della carne di pecora alla brace in una serata estiva, è quello di servirlo a temperatura leggermente inferiore a quel che vorrebbe la sommellerie, diciamo intorno ai 12°, come ho fatto io. I profumi si aprono ugualmente e non vanno persi, ma il vino acquista una certa freschezza che migliora il sapore della carne infuocata. In conclusione, un abbinamento riuscito, con un vino piacevole che acquista ancora maggiore equilibrio gustato sopra il sapore intenso della carne ovina: il territorio non mente. 84/100 e una nota di merito per l'etichetta semplice e elegante che riproduce l'antico rosone della romanica pieve del paese.
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