Il nome è tutto un programma. Se non si possono pretendere modi dabbene, come si può, però, non affezionarsi a un bastardino? Se il pedigree non è immacolato - il Rossobastardo è un blend di vitigni noti, sangiovese, merlot, cabernet, e non dichiarati (sagrantino?) - non resta che misurarlo alla prova dei fatti. E così è stato. Sopra una bella bistecca non c'è vino che possa mentire, il piatto è semplice e pregi e difetti dell'amato nettare sono tutti lì, a portata di gusto. Versiamolo nel bicchiere... rosso è rosso, non c'è dubbio, un rubino intenso e cupo, di media trasparenza e media densità. Il profumo ci mette un po' ad aprirsi, converrebbe stappare la bottiglia un po' prima di berla, ma la sua nota peculiare è tutta di spezie, di pepe e di... qualcosa di noto, particolare, ma che mi sfugge. Riconoscerò quell'aroma così specifico solo più tardi, assaggiandolo. Al gusto è un vino non troppo complesso, bilanciato tra morbidezza e freschezza, ancora con sentori leggeri di spezie e pepe nero, con un giusto tannino che accompagna il finale... ma la sensazione che risale il naso alla fine del sorso mi rivela finalmente l'ingrediente mancante: è radice dolce di liquerizia, quella dei rametti che masticavo qualche volta da bambina, a Atri, in Abruzzo. Il Rossobastardo è un vino schietto e con un gusto specifico, adatto a carni rosse arrosto e bistecche di manzo, un carattere semplice e diretto su piatti semplici e diretti. Senza vantare nobili ascendenze, ha un prezzo degno del suo irriverente blasone, 8€ in enoteca. Senza alcun dubbio una compagnia divertente a tavola, un simpatico bastardo. 81/100 per me.
P.S.: Il bastardo che dà il nome al vino è Bastardo nell'Umbria.
P.S. 2: Il giorno seguente, il vino avanzato in bottiglia aveva guadagnato ancora in morbidezza e piacevolezza. Non sempre accade.
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