Voglio parlarvi di un paio di salumi che difficilmente possono essere protagonisti abituali dei nostri panini. Roba che ci si può permettere solo di tanto in tanto, ma che vale una deroga all'economia familiare in occasioni speciali. Quindi, i prezzi mettiamoli da parte, non ne parliamo affatto, stiamo ragionando di gioielleria da tavola e tanto basti.
Il primo è il Lomo Joselito, lombo di maiali iberici allevati bradi confezionato con sale, aglio, pepe e zucchero in budello naturale e stagionato per più mesi prima di essere venduto come la lonza di maiale più pregiata del mondo, o quasi. La qualità dei maiali utilizzati, i loro metodi di allevamento e di alimentazione, la tradizionale cura di lavorazione delle carni e la selezione dei prodotti finiti, tutte cose che trovate abbondantemente descritte nel sito web dell'azienda, sono sicuramente eccezionali e ne fanno un affettato di eccellenza... ma solo perché si riflettono effettivamente in un gusto che ha difficili paragoni. Un lombo di maiale che mantiene infiltrazioni di grasso nella carne tipiche della razza e della nutrizione adottate e che non rimane troppo secco come il tipo di taglio potrebbe far supporre. Anzi, si scioglie all'assaggio in note dolci e leggermente piccanti, senza che prevalga il salato come in un prodotto più comune. La sapidità è solo quella necessaria a sostenere il sapore piccante e gli aromi di spezie, catturati nella lavorazione e sprigionati in bocca dalla componente grassa della carne, permangono a lungo in sensazioni retrolfattive. Un affettato che va degustato, non per nulla l'azienda Joselito produce i suoi prosciutti con indicazione dell'annata come i vini e i più riusciti possono arrivare a affinamenti di molti anni. Non è il caso del lomo, prodotto più semplice e meno prezioso da consumo più immediato e che tuttavia merita una preparazione un po' speciale per essere assaporato al meglio: portatelo in tavola su un piattino riscaldato, così che il calore ne esalti i profumi, e con qualche goccia dell'olio più pregiato e aromatico che avete a far rinascere tutta la pastosità della fibra quando lo addentate... non ne rimpiangerete più il costo.
Il secondo campione della tavola di oggi è la Cecina de León Casalba, un prosciutto di bovino tipico delle regioni del nord della Spagna, tra León e Burgos, che risale alla tradizione della preparazione di carne secca come provvista per i lunghi viaggi in mare dei tempi dell'esplorazione del mondo e che oggi rappresenta una eccellenza indiscussa tra gli affettati di bovino. La carne, salata e affumicata, viene lasciata a maturare per lunghi mesi, fino ad acquistare le sue caratteristiche particolarissime: il colore è scuro e screziato, la consistenza compatta ma non secca e il sapore... stupefacente per quanto è complesso.
La assaggiate e scoprite strati e strati di sensazioni di gusto, sovrapposti e paralleli, non finisce mai di sorprendervi. Dolce all'ingresso, dipana poi un sapore profondo, solo debolmente salato, di fumi speziati e aromi di tabacco, di sensazioni piccanti e ricordi di formaggio stagionato - sì, ha qualcosa che ricorda il parmigiano -, che torna alla dolcezza del fegato e del sanguinaccio sublimata però in leggerissimo retrogusto di perfetta armonicità. Troppo, in una fetta? Provatela, e poi ne riparliamo. Anch'io non volevo crederci, così per sincerarmi ho dovuto finirla tutta. La più squisita cecina che ho assaggiato finora, sicuramente superiore a quella, pur sempre buona, assaggiata in occasione della mia ultima visita a Cavour 313. Dimenticavo: quando e se vi chiederanno di scegliere, il taglio dovrà
essere rigorosamente a mano... tenete lontano questo capolavoro dalla
frenesia perfetta dell'affettatrice e l'imperfezione dello spessore del
taglio aggiungerà variazioni al gusto già così poliedrico.
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