Il nome, dicono sia etrusco. Ma la prima volta che l'ho assaggiato è stato al tempo dell'epidemia dal nome simile che aveva monopolizzato l'attenzione dei mezzi di informazione e quando me lo avevano proposto ne avevo notato con un sorriso l'inquietante assonanza. L'ho bevuto di nuovo qualche settimana fa su un semplicissimo piatto di arrosti e ve lo racconto in breve. I vitigni assemblati in questa bottiglia sono il cabernet sauvignon, il merlot e, a far la parte del protagonista, il sangiovese. La cantina che lo produce è Petra, dalla avvenieristica struttura architettonica incastonata nelle colline di Maremma e dai vasti vigneti, e che, forse gelosa della propria inclinazione creativa, propone solo I.G.T.
L'Ebo è un vino poco trasparente e piuttosto denso, dal colore rubino ma già cangiante verso sfumature granato, con un profumo di media ampiezza e equilibrato che si esprime in una portante di frutta rossa, di ciliegia e mora, seguita da note più tenui di fiori in fioritura avanzata, di pepe e di cuoio. In bocca è abbastanza morbido e fruttato sul principio, ma un po' troppo rapido e ruvido nel finale dai toni ammandorlati e di leggera liquirizia. Anche i tannini sono un po' corti e veloci. Un vino forse non completamente riuscito, non spiacevole ma neppure esaltante, che avrei fatto meglio a bere su una tagliata appena scottata alla griglia piuttosto che su un arrosto dove una maggiore avvolgenza e persistenza sarebbero state più armonicamente abbinate al piatto. Ipirandosi forse alla luna, che decora con le sue fasi la strana etichetta ammiccante a cosmici equilibri, non ne raggiunge però la pienezza. 81/100 e 11€.
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