giovedì 27 agosto 2015

Foodie-percorsi: Castel Camponeschi e l'Osteria del Borgo dei Fumari





Mi piace terminare le vacanze con un'ultima gita. Scelgo sempre un diverso itinerario di ritorno, da Pescara a Roma, che comprenda la visita a un luogo interessante e una bella cena in un locale nuovo e ben recensito, così, tanto per finire in bellezza prima di tornare alla routine. Dopo aver battuto l'Abruzzo palmo a palmo, ormai mi sono rimasti da vedere solo i luoghi meno conosciuti e quest'anno ho scelto di visitare Castel Camponeschi, vicino a Prata d'Ansidonia, in provincia di L'Aquila. Così, saltando da un'autostrada all'altra, ci siamo addentrati per la piana di Navelli, patria del famoso zafferano, propizio auspicio per la cena.



Castel Camponeschi è un bel borgo medievale, ormai abbandonato e deserto ma ben conservato, sulla vetta di una collina da cui si godono panorami stupendi sulla piana coltivata e sulle pendici boscose dei monti. Ci siamo arrivati con la luce del tardo pomeriggio che rendeva l'atmosfera ancora più incantata e dolce. La prima sorpresa è stata quella di trovare il portone sbarrato. Le guide dicevano che la visita era libera e gratuita. Arrivati fin là, non potevamo rinunciare senza un tentativo più serio, così abbiamo percorso il perimetro delle mura e abbiamo trovato un varco già battuto nella recinzione. Sapevamo che il borgo era abbandonato dagli abitanti già da molti decenni, ma anche che era stato sottoposto a interventi di consolidamento e recupero.
Percorrendone le vie e visitandone le case, le fortificazioni e la chiesa, tutte aperte e accessibili con un minimo di precauzione, abbiamo scoperto che gli interventi edilizi sono stati effettuati molto bene, con ottimi materiali e attenzione all'originalità delle strutture, ma che sono stati abbandonati a mezzo dopo il sisma del 2009.

Da allora, il piccolo borgo fortificato attende. Tutto è rimasto congelato a quella notte. Alcuni edifici sono perfettamente restaurati nelle strutture e, in parte, anche negli interni. Altri sono ancora fatiscenti. Qua e là si vedono i segni del terremoto, più evidenti nelle vecchie case in abbandono e, soprattutto, si è testimoni del saccheggio meticoloso di tutte le strutture e le pose in rame e metalli pregiati operato dai soliti ignoti negli ultimi anni.
La visita è stata affascinante, la bellezza del luogo è indubitabile, ma anche la tristezza di tanto abbandono, di tanto valore gettato letteralmente alle ortiche è difficile da dimenticare. Le bambine si sono divertite moltissimo a esplorare l'intero borgo, a disposizione come un paese di fate, dove abbiamo incontrato a stento un paio di coppie di solitari e stupiti turisti, come noi increduli di fronte a un posto tanto bello eppure all'apparenza dimenticato.
Ci diranno più tardi in paese, a Prata, che gli interventi di recupero sono destinati a riprendere e che il borgo è proprietà del Comune che sta facendo di tutto per poterlo valorizzare in un tempo futuro perché lo considera il gioiello del suo territorio. Speriamo sia proprio così. In ogni caso, se non allunga troppo la vostra strada, una visita solitaria e sognante la vale proprio. E, se proprio avete tempo perché siete in anticipo sull'ora della cena, potete allungare i vostri passi fino alle rovine della romana Peltuinum, sulla collina opposta, della quale non resta  molto se non scarsi ruderi che però rendono suggestivo il
tramonto nella valle.
Ma, passeggiando, scalando, visitando, ormai la fame si fa sentire e torniamo a Prata alla


Un locale proprio al centro del paese, un bell'edificio, uno dei pochi completamente ristrutturati tra i molti sfregiati dal terremoto e tenuti insieme da provvisorie strutture d'acciaio e legno. Caratteristico, non rende l'idea. Piuttosto, magico. Un insieme di antiche case, sovrapposte le una alle altre in un dedalo di scale e salette, restaurate con gusto e materiali di pregio, arredate in stile, con camini, credenze e antiche pietre scolpite ovunque e piccole terrazze esterne e verande affacciate sul panorama e sui fiori. Il luogo, gli arredi, la pulizia e la riservatezza dei molti piccoli ambienti meritano un plauso non comune.

Ci sentiamo a nostro agio, in una locanda dove possiamo fermare il tempo per una cena da gustare con calma. Ma il bello deve ancora venire. Dopo la scelta delle pietanze, che ci vengono raccontate senza un menù vero e proprio, chiedo dei vini. Mi accompagnano a sceglierli direttamente dalle diverse credenze a vetri in cui sono alloggiate tante belle bottiglie, una cantina non troppo ampia, ma con molte perle. Aprendo un'anta per scegliere meglio, lo vedo! Lui, il Vino, il mio preferito da quando era neonato.

Lo prendo e dico al ristoratore che è quello che amo di più fra tutti, ma che mi aspetto costi davvero troppo per invitarlo a tavola. Lui mi dice che applica ricarichi molto bassi sulle bottiglie, mi dice il prezzo... è vero... è ottimo per un ristorante... non resisto e cedo, l'ultima coccola prima di rientrare in città... lo voglio e lo avrò, qualsiasi altra cosa mi portino in tavola per accompagnarlo!
La cucina del Borgo dei Fumari è semplice ma gustosa. Non aspettatevi preparazioni di grande estro, piuttosto attenzione ai buoni prodotti del luogo cucinati e presentati con cura. Si inizia con un vario antipasto, composto da un piatto di salumi, formaggi, verdure gratinate, ricotte dolci e salate, bruschettine con lardo e tartufo e un'insalatina mista mantecata con il parmigiano. A seguire, antipastini vegetali in coccio, lenticchie, ceci, cipolle in agrodolce, funghi, carotine e uovo strapazzato al tartufo. Il tutto accompagnato da pizza fritta in alternativa al pane integrale. L'antipasto è piuttosto abbondante e ci limitiamo a assaggi di primi. Le "lune di miele", ravioli di ricotta allo zafferano, sono il piatto del locale. Le mie figlie si dividono anche della chitarra con pancetta e zucchine che è appetitosa e ben cucinata nella sua ordinarietà. Per secondo ordiniamo solo tre porzioni di filetto di maiale in crosta di pancetta al Montepulciano, un piatto a testa sarebbe ormai troppo e le bambine vogliono assolutamente lasciarsi un po' di spazio per i dolci. Cotto a puntino, morbido e saporito, non ci delude. E i dolci? Li proviamo quasi tutti, con qualche raddoppio, insieme a un calice di passito e uno di malvasia (non eccezionali) che ci verranno offerti.

Tortino caldo al cacao con cuore di cioccolato fuso,  sformatino dolce di pere e grana, spuma semifredda d'arancia, tutti sufficientemente gradevoli e ben presentati. Il conto non è stato particolarmente leggero rispetto al solo valore dei piatti, ma aggiungendoci l'atmosfera davvero piacevole del locale, la cortesia del personale, la qualità dei vini a disposizione e la tranquillità assoluta in cui ho potuto gustare la cena, sono rimasta sicuramente più che soddisfatta. Un locale che merita senz'altro una visita se si è in zona e di cui ci si ricorderà con piacere. Nel mio caso, il piacere più grande e il ricordo migliore è stato quello di pasteggiare con lui...



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