Siamo dalle parti del mio preferito, la terra è quasi la stessa ma la filosofia e la potenza di fuoco sono piuttosto distanti. Se la viticultura di Gianfranco Fino è stata, almeno fino a pochi anni fa, una pratica di giardinaggio piuttosto costosa, come raccontava lui stesso nelle interviste alludendo alle piccole dimensioni e alla cura artigianale delle sue vigne, quella di Cantine due Palme è coltivazione di estesi terreni, tradizione di molte famiglie e sforzo collettivo di un intero consorzio di produttori con aspirazioni da grande azienda enologica. Due modi differenti di produrre vini, la mano dell'artista geniale e l'ingegneria enologica, alle prese con lo stesso territorio e, in alcuni casi, con gli stessi vitigni. Per propensione emotiva, nell'equilibrio indispensabile tra arte e tecnica propendo sempre per la prima, per la guida del cuore sul cervello, per la bottega rispetto all'industria. Però, però... non c'è dubbio che anche lo studio e la professionalità tecnica abbinate a grandi mezzi diano ottimi risultati. Il Selvarossa, da uve negramaro congiunte a poca malvasia nera, ne è un esempio. Con il suo colore rubino impenetrabile e denso e il suo profumo ampio di frutta in sovramaturazione, di ciliegia e di mora, un naso grasso e tondo che dalle note più dolci sfuma fino alle spezie, al pepe e alla salamoia, il Selvarossa è un vino complesso, da abbinare con sapori di grande struttura. Conferma tutto al primo sorso: il gusto è denso e il frutto potente. Alla morbida dolcezza si accostano echi di tabacco, salamoia e rabarbaro, donando un finale purtroppo non lunghissimo ma piacevole, leggermente ammandorlato e con un tannino marcato e rotondo. Un vino forse non perfetto per equilibrio e lunghezza, nel quale si sente un po' lo studio della lavorazione in legno. Appunto, più tecnico che emotivo. Però un vino di sicuro valore, di notevole struttura e corpo, che non deluderà gli appassionati del genere. Piacerà anzi molto e, se se ne considerano i soli 14€ di prezzo, rappresenta un'ottima scelta per una tavola dai sapori profondi, che sappiano contrastarlo. Provatelo su formaggi di grande stagionatura e dal gusto forte e ne trarrete sicuro e vero piacere. 88/100.
lunedì 29 febbraio 2016
Selvarossa - Salice Salentino D.O.P. Riserva 2011 Cantine due Palme
Siamo dalle parti del mio preferito, la terra è quasi la stessa ma la filosofia e la potenza di fuoco sono piuttosto distanti. Se la viticultura di Gianfranco Fino è stata, almeno fino a pochi anni fa, una pratica di giardinaggio piuttosto costosa, come raccontava lui stesso nelle interviste alludendo alle piccole dimensioni e alla cura artigianale delle sue vigne, quella di Cantine due Palme è coltivazione di estesi terreni, tradizione di molte famiglie e sforzo collettivo di un intero consorzio di produttori con aspirazioni da grande azienda enologica. Due modi differenti di produrre vini, la mano dell'artista geniale e l'ingegneria enologica, alle prese con lo stesso territorio e, in alcuni casi, con gli stessi vitigni. Per propensione emotiva, nell'equilibrio indispensabile tra arte e tecnica propendo sempre per la prima, per la guida del cuore sul cervello, per la bottega rispetto all'industria. Però, però... non c'è dubbio che anche lo studio e la professionalità tecnica abbinate a grandi mezzi diano ottimi risultati. Il Selvarossa, da uve negramaro congiunte a poca malvasia nera, ne è un esempio. Con il suo colore rubino impenetrabile e denso e il suo profumo ampio di frutta in sovramaturazione, di ciliegia e di mora, un naso grasso e tondo che dalle note più dolci sfuma fino alle spezie, al pepe e alla salamoia, il Selvarossa è un vino complesso, da abbinare con sapori di grande struttura. Conferma tutto al primo sorso: il gusto è denso e il frutto potente. Alla morbida dolcezza si accostano echi di tabacco, salamoia e rabarbaro, donando un finale purtroppo non lunghissimo ma piacevole, leggermente ammandorlato e con un tannino marcato e rotondo. Un vino forse non perfetto per equilibrio e lunghezza, nel quale si sente un po' lo studio della lavorazione in legno. Appunto, più tecnico che emotivo. Però un vino di sicuro valore, di notevole struttura e corpo, che non deluderà gli appassionati del genere. Piacerà anzi molto e, se se ne considerano i soli 14€ di prezzo, rappresenta un'ottima scelta per una tavola dai sapori profondi, che sappiano contrastarlo. Provatelo su formaggi di grande stagionatura e dal gusto forte e ne trarrete sicuro e vero piacere. 88/100.
domenica 28 febbraio 2016
La bevibilità: Cortona D.O.C. Syrah Borgo 2013 - Tenimenti Luigi D'Alessandro
Un vino che va giù un po' troppo bene. La facilità non piace molto agli arcigni puristi della degustazione. Ma a tavola, alla fin fine, è un'altra cosa. Un vino che bevi di bicchiere in bicchiere senza esserne sopraffatto e che accompagna i cibi sempre piacevole fino alla fine è un buon amico. Così questo Cortona dalla bella azienda toscana Tenimenti Luigi D'Alessandro. Lavorazione più "leggera" per mantenere freschezza e fruttosità e un annetto di legno gentile rendono questo Syrah il compagno ideale di molta cucina. Nel bicchiere è scuro e denso, di un bel porpora intensissimo, e si apre al naso leggero e fruttato, con viola, rosa e spezie delicate a contendersi il profumo con una debole nota finale più cupa, quasi di cioccolato. Palato morbido e tondo, ma con una acidità comunque abbastanza viva, dove si ritrovano gli aromi percepiti al naso e, tuttavia, prende vita una sensazione di liquirizia che si addolcisce nel lungo finale. Vino che spicca per piacevolezza, grazioso più che elegante, con un bel finale appuntito da un tannino preciso. Vino conviviale, che renderà più piacevoli le vostre preparazioni gastronomiche, nel mio caso una bella fiamminga di funghi e carciofi ripieni. Un syrah che mi ha soddisfatto. 84/100 e circa 11€ in enoteca.
sabato 20 febbraio 2016
Un bel sogno: Lazio Rosso I.G.T. Sogno 2010 Sant'Andrea
Della cantina Sant'Andrea vi ho parlato altre volte, per il buon Moscato di Terracina Oppidum e per l'ottimo passito Capitolium. Ma ancora non vi ho presentato un rosso di loro produzione. Lo faccio oggi. Un bel rosso del Circeo, promontorio di antiche magie e sogni che a un Sogno di vino può ben dare i natali. Sull'azienda non spendo altre parole, anche perché la loro storia è ben raccontata sul loro sito web e qualcosa vi ho già detto in passato, e mi concentro invece su questo bel vino che ho gustato con soddisfazione insieme a uno spezzatino ai funghi. Trovo che sia un vino particolarmente adatto a preparazioni in salsa, spezzatini appunto, e, ancor meglio se di selvaggina. Base di merlot e complemento di cesanese, fa lungo affinamento in legno con ottimo risultato. Rubino-granato opaco nel bicchiere, si muove in archi lenti, stretti, densi e dalla marcata colorazione. Vino di buon corpo. Il profumo è ampio e complesso,speziato, rotondo. Sulla frutta si arrampicano sensazioni di pepe, cuoio, quasi pelliccia, il legno e la maturazione degli anni si fanno sentire. Lo assaggio ed è morbido, avvolge, ma ha anche buona acidità. Il sorso è una sferetta di frutta rossa, con rapidi bordi più dolci che si dissolvono presto in un finale deciso e ammandorlato, non troppo armonico, un po' rude, eppure piacevole, con una nota evidente di cuoio e selvaggina. Per questo si sposa perfettamente con il sugo degli spezzatini. Se poi lo spezzatino è di cinghiale, sognare del banchetto che la bella maga offriva a Ulisse, con pietanze provenienti dalle selve ricche di cacciagione di quei mitologici boschi e vino inebriante, è un attimo. 86/100 e circa 12€.
giovedì 18 febbraio 2016
Spezzatino di maiale alla barbera
Ingredienti per 5 persone
1kg di spezzato di maiale
750ml di barbera
100g di pancetta affumicata
50g di funghi porcini secchi
700g di champignon
farina di riso q.b.
olio evo
qualche fogliolina di salvia
Sciacquate i porcini eliminando gli ultimi residui di terra e metteteli a rinvenire in acqua calda per circa 20 minuti.
Lavate e tagliate a fettine anche i funghi champignon.
Saltateli in una padella con tre cucchiai di olio e due spicchi di aglio e metteteli da parte.
Per realizzare questo piatto sconsiglio di usare un taglio di carne troppo magro, evitate quindi la lonza e preferite uno spezzatino di collo o di pezza.
Fatene dei dadoni di tre-quattro centimetri di lato, asciugateli e passateli nella farina di riso.
Ho iniziato ad usare la farina di riso per la celiachia di mia figlia, tuttavia la consiglio anche a chi non ha nessun problema di glutine, per infarinare la carne è la migliore: non fa grumi e riveste la carne in maniera uniforme.
In un tegame dai bordi alti mettete 4 cucchiai di olio evo e fate rosolare uno spicchio di aglio, aggiungete i cubetti di pancetta affumicata e i cubetti di carne uno alla volta. Non mettete la carne tutta in una volta, altrimenti la temperatura del tegame scende e la carne lascia uscire i suoi liquidi più facilmente.
Fate rosolare ben bene la carne da tutti i lati e sfumate con mezzo bicchiere di barbera.
Mescolate e aggiungete il resto del vino preventivamente scaldato in un pentolino, sempre per non abbassare la temperatura di cottura quando lo versate.
Coprite e lasciate cuocere per un'oretta.
Aggiungete i porcini strizzati e mandate avanti la cottura per altri tre quarti d'ora.
Aggiungete i funghi saltati in padella, mescolate e lasciate insaporire per qualche minuto.
Servite con orgoglio accompagnando con un'altra bottiglia di Barbera.
Buon appetito!
mercoledì 10 febbraio 2016
Oro dal mare: Vermentino di Gallura D.O.C.G. Funtanaliras 2014 Cantina del Vermentino
Quando devo accompagnare un arrosto di pesce è lui il primo che mi viene in mente, l'abbinamento consolidato: il vermentino di Gallura, vino isolano che il carattere del mare lo succhia dai terreni granitici della Sardegna e lo porta in tavola con profumi minerali e salini, di macchia mediterranea e di rocce scaldate dal sole. Niente di meglio per apprezzare una bella grigliata di un vino che ricorda il bel tempo e l'estate subito, appena aperto.
Forse uva spagnola, forse portoghese, di certo approdata da molto su una terra che ha fatto sua e di cui parla volentieri ai propri estimatori, il vermentino di Gallura ha espressioni diverse, semplici e di poche pretese come di grande personalità e forza, ma mai di prezzo inaccessibile. Il Funtanaliras, per i suoi 10€, è una bottiglia di buon valore che bevo sempre con piacere, un vino che è rimasto sempre fedele a se stesso negli anni. Prodotto dalla Cantina del Vermentino - Monti, è di un oro leggero, trasparente, con sfumature verdoline al contatto con le pareti del bicchiere e si apre al naso con un susseguirsi di fiori, agrumi e erbe in un profumo asciutto e salino come una brezza di mare. Sulle pietanze è estremamente pulito, netto,con un'ottima acidità, molto ben bilanciata da un progredire più morbido. È un vino semplice e pulitissimo, profumato e armonico, di una certa minerale freschezza. che lascia un gradevolissimo aroma. Come dicevo, il compagno ideale per preparazioni di pesce semplici, dove il sapore delle carni non va coperto da troppa struttura o da troppe variazioni gustative. Su questo tipo di piatti, andate sul sicuro, non delude mai. 84/100.
sabato 6 febbraio 2016
Verdicchio di Matelica D.O.C. 2013 - La Monacesca
Il piatto: crepes al gorgonzola dolce e radicchio. La domanda: cosa ci bevo? Sono sicura che ognuno avrà le sue preferenze e il suo consiglio, ma questa volta ho deciso solo con l'idea di rivisitare un vitigno che in genere non amo moltissimo, il verdicchio, e che però, in alcune interpretazioni di pregio, mi ha anche sorpreso piacevolmente in diverse occasioni. Autoctono marchigiano, il verdicchio si presta infatti alla produzione sia di vini molto semplici e di scarso valore enologico che a quella di bottiglie dal carattere molto complesso e longevo. Nella D.O.C. Matelica è un vino dalla storia piuttosto recente e non può vantare le origini lontane e leggendarie di altri bianchi. Tuttavia si è guadagnato un suo posto nell'enologia della regione, legato soprattutto alle caratteristiche particolari che gli regala la mineralità calcarea dei terreni: Matelica è a poco più di venti minuti dalle Grotte di Frasassi, vera cattedrale di minerali di calcio più vasta di una cattedrale del calcio, tanto per dare un'idea.
Il Verdicchio di Matelica La Monacesca rappresenta il vino emblema della cantina che lo produce e che proprio su questo vitigno ha iniziato a costruire la sua fortuna. È un vino che viene lavorato senza il contributo del legno e mantiene intatte tutte le caratteristiche del terreno e dell'uva. Alla prova dei fatti, versato nel bicchiere, ha le tipiche note dorate del verdicchio, ma è molto leggero e trasparente, con un bellissimo profumo vegetale molto intenso, di erbe e foglie, ma anche di agrumi, pompelmo e cedro, con una punta di pepe bianco appena accennata su una sfumatura di lieviti. In bocca è fresco e minerale e tuttavia persistente, gli stessi aromi percepiti al naso si strutturano in un gusto completo con lunghi toni finali vegetali e ammandorlati. Un bel vino. La caratteristica amarognola del finale, tipica del vitigno, si è sposata benissimo con il piatto, perché si è stemperata sul più forte gusto amaro del radicchio, mentre la freschezza di base del vino ha dato leggerezza alla grassa cremosità del gorgonzola. Un matrimonio riuscito e un vino da ricordare. 87/100 e circa 12€ in enoteca.
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